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el magutt

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MessaggioTitolo: chiarimento   chiarimento Icon_minitimeMer Nov 13, 2013 1:18 pm

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el magutt

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MessaggioTitolo: giobbe della bibbia messaggio subliminale x il creatore del forum a buon intenditore poche parole bastano   chiarimento Icon_minitimeSab Lug 12, 2014 2:55 pm

appello al fondatore ignoto del forum
prendiamo come archetipo & paradosso una figura biblica giobbe il paziente e chi vuole capire capisca:
La parola pazienza ha origine dal latino volgare patire (cfr. il greco pathein e pathos, dolore corporale e spirituale).

La pazienza è la facoltà umana di rimandare la propria reazione alle avversità, mantenendo nei confronti dello stimolo un atteggiamento neutro. La pazienza è una qualità e un atteggiamento interiore proprio di chi accetta il dolore, le difficoltà, le avversità, le molestie, le controversie, la morte, con animo sereno e con tranquillità, controllando la propria emotività e perseverando nelle azioni. È la necessaria calma, costanza, assiduità, applicazione senza sosta nel fare un'opera o una qualsiasi impresa.

Pazienza si chiama anche una parte dell'abito di alcuni ordini religiosi ed ha lo stesso significato di scapolare.

Nel diritto la pazienza è la limitazione dell'esercizio di un diritto (la pazienza di servitù, ad esempio, è la negazione di un transito di servitù
Perdere la pazienza : significa incapacità di frenarsi, di contenere l'ira; modo di dire contrario è: armarsi di santa pazienza.
La pazienza di Giobbe ha riferimento al personaggio biblico, che tollerò con saldezza d'animo le peggiori avversità.
La pazienza di Dio significa l'infinita misericordia di Dio. La pazienza di Cristo si riferisce al periodo trascorso da Gesù nel deserto prima di iniziare la predicazione.
Avere pazienza da certosino ha il valore di un'attesa prolungata; abusare della pazienza altrui è una forma di espressione retorica, a volte di cortesia, usata anche nelle lettere.
Abbi o abbia o abbiate pazienza è sempre un'espressione retorica, adoperata in varie circostanze o come scusa per una mancanza.
Gioco di pazienza è un hobby e un gioco che richiede tempo e impegno (puzzle).
Albero della pazienza: così era detto il sicomoro e la Melia azedarach che produce semi sferici e duri usati per le corone del rosario.
Benedetta pazienza, santa pazienza, sono espressioni di insofferenza e di collera.
Stancare la pazienza di secoli significa l'evolversi molto lentamente

Proverbi e detti[modifica | modifica sorgente]
Con la pazienza s'acquista scienza.
La pazienza è la virtù dei forti.
Faresti/e perdere la pazienza anche ai Santi.
La mia pazienza non è infinita.
La pazienza è amara, ma il suo frutto è dolce (Jean-Jacques Rousseau).
Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra'? Fino a quando, Catilina, abuserai dunque della nostra pazienza? (Cicerone).
... Alle grandi ingiurie cresci la pazienza; esse ingiurie offendere non ti potranno la tua mente (Leonardo da Vinci).
La pazienza è la più eroica delle virtù, giusto perché non ha nessuna apparenza d'eroico (Gi

Giobbe è un patriarca idumeo e l'eroe del Libro di Giobbe, libro dei Ketuvim della Bibbia ebraica e classificato dai cristiani tra i libri sapienziali dell'Antico Testamento. L'equivalente arabo è Ayoub (أيوب Ayyūb), la variante turca è Eyüp, e il significato del suo nome è "perseguitato", che "sopporta le avversità".



Illustrazioni del Libro di Giobbe da parte del pittore William Blake: Satana infligge le piaghe a Giobbe (Tate Britain, Londra)
Giobbe rappresenta l'immagine del giusto la cui fede è messa alla prova da parte di Dio. I cattolici ne festeggiano la santità il 10 maggio. Una moschea di Istanbul porta questo nome, quello di un compagno di Maometto morto combattendo davanti alla città che si chiamava a quel tempo Costantinopoli. La dinastia degli Ayyubidi fondata dal futuro sultano Saladino prese il proprio nome dal padre di questo personaggio.
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Nonostante le sue caratteristiche di giusto, il nome di Giobbe viene dalle prove che Satana gli ha fatto subire. Giobbe sopporta con rassegnazione la perdita dei suoi beni, dei suoi figli e anche le sofferenze dovute alla sua malattia. Inoltre egli sopporta i rimproveri di tre suoi amici, senza bestemmiare una sola volta il suo Dio. Dio gli spiegherà in seguito che non bisogna giudicare l'operato divino dal punto di vista umano. Infine lo ristabilirà in tutti i suoi averi raddoppiandoglieli.

Egli ebbe sette figli e tre figlie che morirono nel crollo della casa di uno di loro all'inizio delle sue prove. Dopo ebbe di nuovo sette figli e tre figlie quando Dio lo riabilitò al termine della sua vicenda. Le sue ultime tre figlie sono chiamate: Colomba, Cassia e Fiala di Stibio (cfr. Giobb

Il Corano nomina Giobbe come un profeta nobile e generoso. Dio lo ha amato molto poiché è stato uno dei suoi più umili e fedeli servitori. Egli ha aiutato gli orfani ed ha sfamato i poveri. Vedendo la devozione di Giobbe verso Dio, Satana ha deciso di tentarlo senza riuscirci. Satana ha tentato sua moglie Rama con successo; Dio allora lo ha colmato di miserie e ha dovuto soffrire pazientemente.

Giobbe rappresenta la contraddizione tra il giusto che soffre senza colpa e il malvagio che invece prospera: egli è la metafora di una ricerca della giustizia che dovrebbe colpire chi fa il male e assolvere e premiare chi fa il bene.

Presso gli ebrei, nel periodo dell'esilio babilonese vigeva la convinzione che il malvagio venisse giustamente punito con il dolore o la perdita di beni materiali, come effetto immediato, quasi meccanico, delle sue cattive azioni mentre il buono, quando agiva bene, veniva subito premiato con l'abbondanza e la fecondità.

Per gli ebrei (come per le popolazioni semitiche) l'amicizia con Dio dell'uomo giusto è portatrice di una ricompensa terrena. Il caso di un giusto colpito dalla sofferenza doveva essere ritenuto come un incidente limitato nel tempo da superare con la prudenza, la pazienza, le virtù del saggio che avrebbero portato alla fine del dolore e al premio immediato.

Quando si constatava che l'uomo ingiusto godeva e prosperava nonostante la sua malvagità, la morale ebraica, come anche quella greca, come emerge dalle tragedie del ciclo di Edipo, sosteneva che la fortuna di questi sarebbe stata di breve durata e che la giustizia divina sarebbe intervenuta a riportare in equilibrio i piatti della bilancia condannando se non lui, la sua progenie secondo il principio che i figli pagano per le colpe dei padri.



Icona russa di San Giobbe del XVII secolo
Questo poteva accadere anche per il giusto che, forse inconsapevolmente, stava scontando l'effetto di azioni malvagie commesse dai propri padri. Questo quando Geremia (VII secolo a.C.), ma soprattutto Ezechiele (VI secolo a.C.), avevano invece in modo chiaro detto, in anticipo su il Libro di Giobbe, probabilmente del V secolo a.C., che i figli non pagano per le colpe dei padri e i padri non pagano per le colpe dei figli, ma ognuno paga per sé. (cfr. Ezechiele 14,14-20)

Ma nel testo biblico di Giobbe, si nota come il problema del male viene trattato con una totale assenza di preconcetti di carattere religioso che possono spiegare la convinzione di un giusto che paghi per le colpe di altri. La ricerca di Giobbe non si accontenta di spiegazioni superficiali o di quelle della teologia ufficiale, convinta di poter capire Dio e il suo agire secondo principi razionali e teologici.

Tale spregiudicatezza è dovuta soprattutto alla cultura dello stesso autore; infatti, Giobbe, che nel testo risulta vivere in una zona tra l'Arabia e il paese di Edom, doveva essere in parte non appartenente al popolo d'Israele: era probabilmente un ebreo-arabo rappresentante della cultura laica e in quanto scriba, la classe da cui il re prelevava i suoi funzionari, era in contrapposizione alla stessa cultura sacerdotale ebraica.[1]

Il Libro inizia con una rappresentazione del mondo orientale, precisamente arabo, in cui il sultano si incontra con i propri dignitari, figli dello stesso sultano. Nella trasposizione religiosa il sultano è la metafora di Dio e i suoi figli sono gli angeli. Nel corso della riunione appare Satana che viene a dialogare con il sultano-Dio come se fosse uno dei dignitari, un evento in chiara contraddizione con la tradizione biblica della cultura sacerdotale: Satana non può confrontarsi con Dio e addirittura sfidarlo ad una scommessa.

Nel libro di Giobbe invece Satana contraddice e si contrappone a Dio che crede e sa che Giobbe è un uomo integerrimo che continuerà ad aver fede in lui anche se privato dei suoi averi, al punto che da ricco com'è diverrà povero, o colpito nella sua stessa integrità fisica. Anzi Dio, che ha il potere su tutte le cose in quanto da lui create, addirittura metterà Giobbe nelle mani di Satana con l'unico obbligo di non ucciderlo.

« Ero sereno e Dio mi ha stritolato, mi ha afferrato la nuca e mi ha sfondato il cranio, ha fatto di me il suo bersaglio. I suoi arcieri prendono la mira su di me, senza pietà egli mi trafigge i reni, per terra versa il mio fiele, apre su di me breccia su breccia, infierisce su di me come un generale trionfatore »
(Giobbe 16,12-14)
Giobbe quindi viene colpito senza sapere il perché delle sue sofferenze. Gli amici (Elifaz, Bildad, e Zofar) che lo vanno a trovare lo rimproverano perché ha accusato Dio e cercano di spiegare il suo dolore affermando che la colpa è stata commessa dai suoi genitori, ed egli quindi sconta la pena per loro (Giobbe 2,11-13): questo però significa ammettere che Dio è ingiusto, in quanto sta punendo un innocente.

Ma né gli amici né Giobbe riescono a risolvere il problema del giusto che soffre fino a quando, alla fine del libro, non appare Dio che mette sotto processo lo stesso Giobbe:«Quando io ponevo le fondamenta del mondo, tu dov'eri?»(Giobbe 38,4). Dio rivendica la sua onnipotenza rispetto alla miseria dell'umanità: l'uomo può trovare una risposta al dolore e al male solo decidendo di affidarsi a Lui.

questo appello è rivolto ai fondatori del forum piu che un appello una parabola questo forum è una nave senza timone mai una risposta un commento  afro flower lol! 
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