allestiamo virtualmente la nostra postazione per riparazioni automezzi, la nostra virtuale officina per effettuare riparazioni e manutenzioni, M.S manutenzione straordinaria, e C.O controllo ordinario efficenza veicoli
prima di tutto ci vuole un locale idoneo che ospiti la nostra postazione
L'esercizio dell'attività di autoriparazione presuppone la designazione di un responsabile tecnico che sia in possesso di requisiti personali e tecnico-professionali, come previsti dall'articolo 7 della Legge 122 del 05 febbraio 1992.
Requisiti personali
Il responsabile della gestione tecnica deve possedere i seguenti requisiti personali:
Iter
L
http://www.mc.camcom.it/uploaded/Allegati/Registro%20Imprese/Area%20Studi/autoriparazione1.pdf
http://it.wikihow.com/Avviare-un'Officina-Meccanica
Per iniziare questa nuova attività, ogni interessato deve rispettare alcune specifiche, ad iniziare dai locali:
•Superficie locale minimo 120 mq
•Larghezza lato ingresso non inferiore a 6 mt
•Larghezza ingresso 2,50 mt
•Altezza ingresso 3,50 mt
Le imprese devono essere iscritte alla camera di commercio alle quattro sezioni: meccanica motoristica-carrozzeria-elettrauto-gommi...
Per poter ottenere l’autorizzazione, i titolari d’impresa (società, consorzi o persone fisiche) devono dimostrare di ottenere un’adeguata capacità finanziaria come previsto dal D.M. 6 aprile 1995, n° 170.
La capacità finanziaria non deve essere inferiore ad € 154.937,00 dimostrata mediante un’attestazione di affidamento rilasciata da aziende o istituti di credito o da società finanziarie con capitale sciale non inferiore a € 2.582.284,40.
Nelle imprese che intendono esercitare come centri revisione auto, deve essere presente una figura professionale di un responsabile tecnico dell’impresa.
Il responsabile tecnico può essere una persona diversa dal titolare dell’impresa, l’importante è che abbia conseguito un diploma di perito industriale, di geometra o di maturità scientifica ovvero di laurea di ingegneria.
Il responsabile tecnico svolgerà la propria attività in maniera continua presso la sede operativa dell’impresa.
Le attrezzature richieste per i centri revisione auto, sono:
•Banco prova freni con sistema di pesatura integrato
•Opacimetro
•Analizzatore di gas di scarico
•Banco prova giochi integrato direttamente sul ponte o in asse con al fossa d’ispezione
•Fonometro
•Contagiri
•Prova fari
•Ponte sollevatore o fossa d’ispezione (lunghezza non inferiore ai 6 mt-larghezza non inferiore a 0,65 mt e non superiore a 0,75 mt-altezza non inferiore a 1,8 mt)
Le richieste di autorizzazione devono essere inoltrate presso l’amministrazione provinciale di competenza, compilando un apposito modulo e allegando i seguenti documenti:
http://www.arealavoro.org/lavoro-meccanico.htm
attrezzatura:
prima di tutto il crick adeguato ai veicoli da sollevare
sollevatori oleopneumatici adatti a sollevare veicoli alti e particolarmente pesanti, come camion, autocarri e trattori.
http://www.pasquin.it/sollevatori/p301_new.jpg
definizione
Il cric[1] (dal francese cric, a sua volta dal medio alto tedesco kriec – medio basso tedesco krich – “congegno per far muovere le macchine da guerra”)[2] o cricco[3] è un attrezzo che serve a sollevare un autoveicolo per permettere la sostituzione di una ruota o per effettuare altri lavori di manutenzione.
Può essere di tipo meccanico o di tipo idraulico, ma comunque ha una corsa verticale breve, in quanto serve solamente a sollevare il mezzo quel tanto che basta a far staccare la ruota da terra. Sul cric è normalmente riportata l’indicazione del peso massimo sollevabile.
Il cric meccanico è in genere azionato da una vite che viene manovrata con una apposita chiave, o da un meccanismo di riduzione azionato da una manovella. Il cric più comune che equipaggia le automobili è quello del tipo a parallelogramma.
Il cric idraulico permette di sollevare pesi maggiori di quello meccanico, quali ad esempio gli autocarri. Si presenta come un martinetto idraulico verticale, che viene azionato tramite una leva. La testa del cric può essere portata in posizione tramite una vite, in modo che il martinetto serva solo per la corsa in cui deve sollevare il mezzo. Una valvolina chiude o apre il circuito dell’olio, permettendo così di metterlo in pressione e di far sollevare il pistone del cric, o di farlo abbassare scaricandola. Il pistone può anche essere telescopico, a più segmenti.
Un altro tipo di cric idraulico è quello nella configurazione a carrello, che viene utilizzato nelle autofficine. È montato su ruote, di cui due orientabili, e viene portato facilmente in posizione sotto il veicolo tramite il manubrio. Il manubrio costituisce anche la leva per l’azionamento del martinetto, e per comodità anche il comando della valvolina dell’olio è riportato tramite un rinvio sul manubrio stesso.
I cric idraulici si basano sull'applicazione del principio fisico denominato Legge di Pascal.
cavalletti per autoveicoli idonei al peso da sostenere
Colonnetta alta rinforzata con fori a spina guidata e con la parte scorrevole tornita e brunita.
Altezza min: 670 mm.
Altezza max: 1080 mm.
Portata: 20 Ton.
gruetta idraulica o paranco per sollevamento pezzi meccanici pesanti
Il paranco si compone di una carrucola fissa ed una carrucola mobile, al cui asse si fissa il carico, e diverse funi. Si adopera il paranco per aumentare il vantaggio meccanico. Più grande è il numero delle carrucole mobili più si aumenta il vantaggio meccanico, poiché il peso da sollevare viene ripartito su ogni tratto verticale della fune passante dalle carrucole mobili
capretta idraulica
pressa idraulica
Una pressa idraulica è un'apparecchiatura meccanica che sfrutta lo scorrere di un fluido (in genere olio idraulico) per sviluppare una forza, utilizzata per comprimere materiali di diverso genere in modo da compattarli ed eventualmente imballarli. Fu inventata nel 1795 dal meccanico Joseph Bramah sulla base della legge di Pascal.
I componenti di una generica pressa idraulica sono schematizzati come segue:
Un serbatoio d'olio, una pompa idraulica, un motore (in genere elettrico) per azionare la pompa, un fascio tubiero ad alta pressione, una valvola a due vie, un pistone idraulico a doppio effetto, una struttura di sostegno e di contenimento del materiale da comprimere. La struttura apribile consente il caricamento del materiale da pressare.
La pompa idraulica invia l'olio sotto pressione al pistone, regolata dalla valvola a due vie. Il pistone collegato ad un'apposita piastra riduce lo spazio comprimendo il materiale. Al termine della compressione la valvola viene azionata nella seconda posizione in modo da inviare l'olio nella parte anteriore del pistone, facendogli compiere il percorso contrario per rimetterlo in posizione di riposo.
Per motivi di sicurezza è previsto l'inserimento nel circuito di alta pressione una valvola che si apre in caso la pressione sia eccessiva.
Le presse idrauliche hanno moltissimi impieghi, soprattutto dove sono necessarie forze rilevanti. Le pressioni generate possono andare da pochi chilogrammi alle migliaia di tonnellate.
Principio di funzionamento
Il loro funzionamento si basa sulla applicazione della Legge di Pascal. Si osservi la figura: nel primo pistone, quello di sinistra, si applica la forza F_1 a una superficie S_1, generando la pressione relativap_r=\frac{F_1}{S_1}, che si esercita su tutte le superfici del cilindro (oltre, naturalmente, a quella del pistone). Per la legge di Pascal, essendo comunicanti i due cilindri, anche nelle superfici del secondo dovrà esercitarsi la medesima pressione relativa p_r. Tuttavia la superficie del secondo pistone è S_2>S_1: di conseguenza, dovendo rimanere identica la pressione ma essendo aumentato il fattore superficie a denominatore, dovrà aumentare quello forza a numeratore.
In altri termini, all'aumentare proporzionale della superficie deve aumentare allo stesso modo anche la forza necessaria a mantenere l'uguaglianza della pressione. Per esempio, supponiamo che la superificie del secondo pistone sia il doppio di quella del primo. La pressione assoluta all'interno delle due camere è p_a=p_0+\frac{F_1}{S_1}=p_0+\frac{F_2}{S_2}, cioè p_r=\frac{F_1}{S_1}=\frac{F_2}{2S_1}. Risolvendo rispetto a F_2 troviamo F_2=\frac{2S_1}{S_1}F_1=2F_1. Raddoppiando la superficie del secondo cilindro raddoppiamo anche la forza in uscita.
ne useremo una di almeno 30/50 tonnellate di pressione verticale a montanti con piano mobile
compressore per officina
L'aria compressa è aria atmosferica compressa, cioè ridotta di volume con un compressore alternativo o con una pompa e immagazzinata in un serbatoio, o generalmente bombole resistenti alla pressione, oppure utilizzata subito.
Per l'hobbystica sono disponibili piccoli compressori trasportabili e bombolette spray. Nel caso di impianti frenanti come quelli dei mezzi pesanti, camion o autobus, l'aria compressa viene generata da compressori azionati dal motore del mezzo.
Ha utilità in molteplici settori principalmente in quello industriale, dei trasporti, in hobbistica, in quello della subacquea e della medicina subacquea dove in questo caso deve essere resa respirabile, grazie a compressori specifici molto sofisticati. Nell'uso più comune serve per azionare utensili pneumatici e per soffiare, gonfiare, ripulire da polvere o limatura metallica.[1]
Dal serbatoio si distribuisce con tubature di plastica o metallo (di solito rame) verso i regolatori di pressione e i rubinetti a valvola a sfera dai quali si preleva con tubazioni flessibili per gli usi più disparati. Presso il serbatoio e i rubinetti di distribuzione è comune trovare manometri per il controllo della pressione e valvole di sicurezza. Eventuali nebulizzatori d'olio lubrificano i meccanismi degli utensili grazie al trasporto di minute goccioline attraverso l'aria.
Talvolta è deumidificata all'uscita del serbatoio di accumulo con un deumidificatore o meglio essiccatore installato all'uscita appunto del serbatoio per scongiurare la condensa, che può causare ruggine e danni ai servomeccanismi come ad esempio elettrovalvole
Utilizzo[modifica | modifica wikitesto]
Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Subacquea, Aria compressa respirabile e Compressore aria respirabile.
L'aria compressa si usa in innumerevoli casi. Per esempio in officina per azionare utensili automatici come la pistola avvitatrice oppure per gonfiare gli pneumatici degli autoveicoli o per pulire, anche per verniciare a spruzzo; in falegnameria per utensili come la pistola sparachiodi; nei laboratori di ottica per la sospensione dei tavoli antivibrazioni e per la pulizia delle superfici ottiche; nelle macchine utensili per l'azionamento di valvole e martinetti; nei cantieri edilizi per i martelli pneumatici. Molto nota è la pompa per bicicletta, a mano o a pedale. Ormai quasi scomparsa ma un tempo assai diffusa è la posta pneumatica: l'aria spinge un recipiente che contiene le lettere o altri oggetti attraverso un sistema di tubi fino al destinatario.
L'aria compressa è utilizzata largamente nel mondo dei trasporti su gomma, camion autobus, e ferroviario per l'attuazione del sistema frenante e per innumerevoli altri usi (porte automatiche, toilette). Nel caso degli impianti frenanti, data l'importanza ed i rischi relativi ad eventuali malfunzionamenti questi impianti sono revisionati e collaudati periodicamente per legge. Un altro grande utilizzo è quello della subacquea, molto diffuso grazie al notevole incremento delle attività turistiche legate a questo sport.
In aeronautica si usa a bordo dei velivoli per il funzionamento di strumenti, vedi il giroscopio, e generazione di pressurizzazione/depressurizzazione. In ambiente medicale il campo di applicazione principale e quello dentistico dove si utilizza per far funzionare le turbine degli ambulatori dentistici e dei laboratori ortodontici. È utilizzata in oltre nel campo delle sospensioni come elemento elastico al posto delle molle o degli elastomeri per via della notevole riduzione di peso, le pressioni utilizzate variano dai 5 ai 15 bar e oltre. In ambito navale in certi casi si usa per avviare i grandi motori diesel.
Misurazione[modifica | modifica wikitesto]
L'aria compressa si misura in Atmosfere o bar attraverso degli strumenti detti manometri che possono essere analogici o digitali. Essendo ridotta di volume proporzionalmente alle variabili del contenitore e della compressione raggiunta, (pressione di esercizio), per comprendere e sapere quale sarà la sua relativa quantità reale bisogna moltiplicare la capacità del contenitore per quella della pressione all'interno del contenitore stesso quindi per esempio se la bombola è di 10lt e la pressione è di 150 Atm 10x150=1500 litri. Questo tipo di operazione è essenziale nel caso se ne debba misurare l'autonomia per particolari attività.
compressore a serbatoio orizzontale
Il compressore è una macchina operatrice pneumofora, ovvero una macchina che innalza la pressione di un gas mediante l'impiego di energia meccanica.
Il compressore si distingue in genere dalla pompa in quanto agisce su un fluido definito comprimibile, ossia per il quale valga, almeno approssimativamente, la legge dei gas perfetti (PV = nRT).
L'invenzione del mantice è certamente antichissima, ed è probabilmente precedente a quella del forno fusorio - ossia risale all'età del rame. Il mantice è quindi la forma più antica di compressore (nel caso, d'aria) usata dall'uomo. Nel 1650 Otto von Guericke dimostrò, con gli emisferi di Magdeburgo, l'effetto della pressione atmosferica. Ciò fu permesso dalla sua precedente invenzione (1647) di una pompa a vuoto manuale a pistone. La compressione rimase argomento di laboratorio ancora per qualche tempo, finché la necessità di ventilazione delle miniere, che già nel XVII secolo avevano raggiunto profondità ragguardevoli, rese praticamente obbligatorio il disporre di aria compressa da far circolare in tubazioni.
I compressori usati erano di tipo alternativo, particolarmente adatti ad essere mossi dai motori a vapore dell'epoca, sempre di tipo alternativo. I compressori alternativi sono rimasti nell'uso probabilmente come i più comuni, e in tempi più recenti sono stati affiancati da altri tipi, sia volumetrici che dinamici.
Classificazione[modifica | modifica wikitesto]
I compressori possono dividersi in due famiglie:
Schema di funzionamento
Questo compressore a spirale utilizza due alette a spirale una dentro l'altra, di cui una fissa e una con movimento planetario senza rotazione, in modo da comprimere i fluidi. In seguito al loro movimento reciproco e grazie al ridotto gioco tra le due spirali, intrappolano e pompano o comprimono sacche di fluido o gas tra i rotoli. Questi compressori hanno un elevato rendimento volumetrico.[1]
Questo tipo di compressore è stato usato sui motori della Volkswagen G60 e G40 nei primi anni '90.
Compressori dinamici[modifica | modifica wikitesto]
Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: turbomacchina.
Nei compressori dinamici il fluido viene compresso sfruttando l'energia cinetica impressa al gas da opportuni meccanismi (si sfrutta il principio della variazione del momento della quantità di moto).
Più precisamente i 'compressori dinamici' sono macchine (turbomacchine) in cui lo scambio di energia con il fluido avviene grazie alla rotazione di una ruota (detta rotore o girante) calettata su un albero, munita alla periferia di pale ed alloggiata in una cassa (detta statore) che può essere anch'essa munita di pale. Lo scambio di energia tra fluido e macchina avviene in un organo rotante, tuttavia il processo si può considerare stazionario.
Un ruolo importante è svolto dall'efficienza con cui viene effettuato lo scambio energetico nelle turbomacchine. Lo scopo dello studio delle turbomacchine è quello di realizzare sistemi in cui lo scambio energetico sia il più efficiente possibile, e, soprattutto per le applicazioni aerospaziali, quello di studiare configurazioni che permettano elevati scambi energetici con dimensioni, peso e ingombro contenuti.
Compressore centrifugo[modifica | modifica wikitesto]
Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: compressore centrifugo.
Triangolo delle velocità in un compressore centrifugo
Originariamente limitati alle portate medio-grandi e basse prevalenze, si sono sempre più affermati per il loro buon rendimento, bassa rumorosità. Di concezione simile alle pompe centrifughe, ruotano evidentemente a velocità assai più alte - ovvio, se si considera che i gas hanno massa specifica pari a circa 1/1000 di quella dei liquidi. Le velocità di rotazione sono quindi dell'ordine delle migliaia di rad/s.
Questi compressori sono a volte usati negli impianti turbogas, in sostituzione dei compressori assiali. Date le loro caratteristiche di ingombro essenzialmente radiale, non sono particolarmente adatti ai motori per uso aeronautico, per il quale sono stati utilizzati solo occasionalmente, essendo preferibili i compressori assiali (vedi sotto). Un altro campo di impiego molto vasto è quello della sovralimentazione di motori automobilistici. Possono essere impiegati in impianti di refrigerazione e/o condizionamento in sostituzione dei compressori volumetrici, quando sono richieste portate più elevate.
Compressore assiale[modifica | modifica wikitesto]
Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: compressore assiale.
Triangolo delle velocità in un compressore assiale
Rappresentazione schematica di uno stadio di compressione assiale.
(rosso): rotore
(blu): statore
Il profilo dinamico di un compressore assiale può essere riportato dal piano perpendicolare all'asse di rotazione a quello parallelo allo stesso. Si ha allora una configurazione delle velocità come riportato in figura. Si ottiene quindi una compressione del gas, con rapporto relativamente basso, e comunque funzione del profilo delle palette e della velocità angolare. Una macchina di questo tipo si chiama compressore assiale in quanto la direzione del moto del gas non è radiale come nel compressore centrifugo, ma longitudinale.
Il singolo stadio di un compressore assiale, ovvero l'accoppiamento di un rotore e di uno statore, può produrre solo un salto di pressione molto basso (rapporti che vanno da 1,15 a 1,30) senza rischiare instabilità o ridurre troppo il rendimento (forti gradienti di pressione negativi nel flusso tra le pale, simile a quello in un diffusore). Perciò il compressore assiale si presta bene al pluristadio: il flusso in uscita dallo statore è già pronto per l'ingresso nello stadio successivo. I rapporti di compressione possono arrivare a 30.
Per sua natura ogni stadio di un compressore assiale ha un piccolo ingombro longitudinale (in pratica, la larghezza della paletta più quella, simile del diffusore), e si prestano quindi bene a configurazioni ad alto numero di stadi - il che ovvia al basso rapporto di compressione (come accennato, nelle applicazioni più spinte si arriva fino 1,3 : 1 per singolo stadio). Queste macchine sono quindi utilizzate nelle applicazioni di processo per grandi e grandissime portate e grazie alla facilità con cui si possono realizzare impianti pluristadio si riescono a raggiungere rapporti di compressione abbastanza alti (fino a 5 : 1).
La loro configurazione li rende ideali per i motori a reazione - anche il Campini-Caproni CC.2, ufficialmente il secondo aereo a getto a staccarsi da terra (il primo fu il Coandă 1 di Henri Coandă del 1910, si veda motoreattore), utilizzava un compressore assiale, seppure semplificato.
Stallo e pompaggio[modifica | modifica wikitesto]
In un compressore il funzionamento va considerato sempre come dipendente dalle condizioni di aspirazione e da quelle di mandata; in altri termini, si deve tenere conto che le pressioni, e la portata, condizionano il funzionamento del compressore e non viceversa. Si possono pertanto avere delle condizioni in cui il corretto funzionamento della macchina è impossibile. In un compressore generico, si definisce condizione di stallo quella in cui la portata del compressore si riduce a zero a causa di condizioni di aspirazione, o di mandata, anormali. Il concetto di condizione di pompaggio è invece più complesso, e riguarda unicamente i compressori di tipo dinamico, come più sotto descritto.
Stallo[modifica | modifica wikitesto]
Si consideri un compressore perfetto, in grado di creare il vuoto assoluto in aspirazione. È evidente che a questo punto il compressore non potrà aspirare nulla - proprio perché non c'è nulla da aspirare. Nella realtà, questa condizione non si realizza a pressione nulla, ma ad una certa pressione assoluta, maggiore di zero, dipendente dalle caratteristiche della macchina e dalle proprietà del fluido da comprimere. Considerando l'ambiente di mandata, il compressore seguirà nel suo funzionamento una curva, tale che al crescere della pressione di mandata la portata passante si riduce, fino ad annullarsi. La condizione in cui la portata di fluido cala a zero è detta condizione di stallo. Come da descrizione, lo stallo avviene ad un dato rapporto di compressione, ovviamente molto più alto delle condizioni di progetto (si consideri che a parità di pressione di mandata, una bassa pressione di aspirazione è indice di un alto rapporto di compressione).
Pompaggio[modifica | modifica wikitesto]
Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: limite di pompaggio.
Il concetto di pompaggio è più complesso. In un compressore dinamico, le caratteristiche fisiche del fluido variano con continuità nelle varie sezioni del compressore stesso; in particolare variano la pressione e la temperatura; varia anche la velocità del fluido nella sezione (si veda più sopra la figura con i triangoli di velocità). Quando la velocità del fluido in una determinata sezione, a quelle condizioni, è pari alla velocità sonica (ossia Mach 1), la portata passante da quella sezione non dipende più, come in regime subsonico, dalla differenza di pressione agente sui lati di quella sezione, ma dall'area della sezione stessa, indipendentemente dalla differenza di pressione. Si crea di conseguenza una condizione in cui la pressione a valle può variare bruscamente, fino al ristabilimento delle condizioni subsoniche. Tuttavia, se non si interviene, queste si riproducono, e si generano quindi onde di pressione ad una certa frequenza. Questa è definita come condizione di pompaggio. Quando la frequenza delle onde di pressione entra in risonanza o anche solo crea dei battimenti con la frequenza propria di qualche parte meccanica, solitamente l'albero motore, vi è il rischio di gravi danni alla parte meccanica.
Sia la condizione di stallo che quella di pompaggio richiedono, per essere superate, una variazione nelle condizioni di mandata o di aspirazione; questo è normalmente realizzato mediante un riciclo del fluido dalla mandata all'aspirazione; in ambedue i casi, così facendo, si riduce il rapporto di compressione.
trapano ( macchina utensile)
Il trapano è una macchina utensile, utilizzata per eseguire fori o lavorazioni che richiedano l'utilizzo di utensili circolari, come ad esempio le punte elicoidali, gli alesatori, i lamatori, i maschi, le filiere. Esistono versioni portatili, queste si dividono in due categorie, la prima dispone di un motore azionato dalla corrente di linea a 220 volt, la seconda dispone di un motore alimentato da batterie autonome. L'invenzione del primo trapano elettrico è accreditato Arthur James Arnot e William Blanch Brain[1], nel 1889, a Melbourne, Australia. Wilhelm Fein[2] inventò il trapano elettrico portatile nel 1895, a Stoccarda, Germania. Nel 1917, Duncan Black e Alonzo Decker brevettarono e produssero un trapano elettrico con un interruttore a grilletto montato su un'impugnatura a pistola.
Trapano a colonna[modifica | modifica wikitesto]
Il trapano a colonna è composto da un basamento sul quale è fissata una colonna; su questa è applicato il piano di lavoro, ovvero una tavola in ghisa dove poter fissare i pezzi da lavorare. Sul piano è possibile fissare una morsa; esso può scorrere in senso verticale e ruotare, il meccanismo di azionamento può essere a cremagliera o idraulico, le versioni piccole si posizionano su un tavolo da lavoro, quelle grandi hanno il basamento che poggia a terra. All'estremità superiore della colonna vi è la testata del trapano, dove vi sono rinchiuse tutte le parti meccaniche in movimento. Vi è il gruppo cambio velocità che può essere a cinghie o ad ingranaggi; solitamente la trasmissione a cinghia è utilizzata per trapani con avanzamento manuale oppure con punte del Ø(diametro) inferiore a 30 mm, mentre la trasmissione ad ingranaggi si utilizza solitamente su trapani con avanzamento automatico, oppure la dove le punte superano il diametro di 30 mm (questo perché la trasmissione a cinghia sfrutta principalmente una forma di attrito volvente e tende a "slittare" se sottoposta a carichi molto alti). Un motore elettrico genera la forza motrice trasmessa tramite cinghia o ingranaggi al mandrino, cioè l'albero rotante sul quale si fissano gli utensili. Il mandrino si muove verticalmente ed è collegato ad un timone, che mosso dall'operatore in senso circolare permette all'utensile di alzarsi o abbassarsi.
Trapano a radiale o a bandiera[modifica | modifica wikitesto]
I trapani radiali vengono utilizzati per eseguire fori, asole, scanalature su pezzi grandi e pesanti che difficilmente si potrebbero posizionare sul bancale di ordinarie macchine utensili. In questo tipo di macchine è infatti l'utensile che si porta in posizione sul pezzo. I trapani radiali sono costituiti da un basamento sul quale è fissata una robusta colonna, sulla quale a sua volta è scorrevole un fodero cilindrico che porta un braccio, da cui la denominazione di bandiera, con delle guide orizzontali sulle quali scorre un carrello con la testa del trapano e tutti gli altri organi collegati. Di norma la testata di questi trapani è molto simile a quella delle fresatrici medie di uso generale, ovvero contiene una scatola con cambio di velocità almeno 4, che mediante appositi alberi di rinvio con ingranaggi sempre in presa, permettono di ridurre o aumentare ulteriormente il regime di rotazione dell' albero del mandrino in funzione del diametro di foratura o delle specifiche lavorazioni da effettuare. La particolare costruzione di tali trapani fa sì che utilizzando opportune maschere o attrezzature di staffaggio, adattate opportunamente al pezzo, si possono effettuare lavorazioni di maschiatura, fresatura, alesatura, barenatura in piccola serie con buoni risultati, compatibilmente alle tolleranze dimensionali del pezzo e del grado di rugosità richiesto alla superficie finale dopo la lavorazione.
Trapano portatile[modifica | modifica wikitesto]
Sono versioni maneggevoli, dotati di un motore azionato dalla corrente di linea a 220 volt o da batterie autonome.
I primi, con potenze che variano da poche centinaia di watt a oltre 2 kilowatt, sono adatti per forature impegnative su metallo, pietra e cemento. Sono disponibili versioni con velocità di lavoro variabile, caratteristica quasi indispensabile nei casi si preveda un uso generico dell'attrezzo. Due esempi sull'uso della velocità minima e massima: la foratura dell'acciaio inossidabile, data l'estrema tenacità di questa lega, obbliga a mantenere lento l'avanzamento del tagliente della punta, anche se questa è in HSS (acciaio super rapido) al cobalto e la zona del taglio lubrificata con olio, il valore dell'attrito è tale che, velocità elevate, portano facilmente alla fusione della punta; all'estremo opposto, vi è la foratura del legno, maggiore è la velocità di rotazione della punta, minore è il rischio di scheggiature sul bordo del foro. Per l'uso hobbistico sono disponibili supporti da banco, adatti a permetterne l'uso come fossero trapani a colonna: i più economici adottano il sistema a leva mentre i supporti a cremagliera, più precisi e agevoli nell'uso, sono più costosi. Le parti principali da cui è costituito un trapano sono: l'involucro esterno detta carcassa, un motore formato da un indotto o rotore, uno statore, un interruttore, una parte meccanica formata dagli ingranaggi, ed un mandrino.
I trapani a batteria, meno potenti, hanno il vantaggio di non aver bisogno di una presa elettrica per funzionare. Dispongono di una batteria a sostituzione rapida che, in base alla capacità di accumulo, permette di lavorare per un certo tempo. A carica esaurita si sostituisce con una seconda, mettendo la prima in carica, tramite un apposito alimentatore fornito in dotazione al trapano. Un dato indiretto per valutare la potenza e la durata di lavoro della batteria, è il suo valore di tensione, può variare tra 9, 12, 18, 24 V. Un elevato valore di tensione fornisce maggiore potenza e permette di lavorare più a lungo prima di doverla intercambiare con una carica. Non sviluppando forze molto grandi, dispongono tutti di mandrino autoserrante, ovvero non occorre una chiave per serrare la punta. Una funzione quasi sempre presente, è la reversibilità di rotazione, utile, usando gli inserti appropriati, per svitare viti da legno, è attivabile tramite una levetta o un pulsante, i quali, azionamdo un deviatore invertono la polarità della corrente inviata al motore. Un'ultima importante considerazione da farsi su tutti gli utensili elettrici e quindi anche per i trapani: normalmente viene dichiarato dal produttore che un determinato utensile o un trapano ha una potenza, per esempio, di 1000W (watt). Questa indicazione è formalmente errata poiché, in effetti la caratteristica che ci viene mostrata non è la potenza bensì l'assorbimento dell'utensile; la potenza reale resa si aggira intorno al 50% della potenza assorbita, tranne in qualche caso.
saldatrice elettrica ad arco per effettuare piccoli lavori di riparazione
credo che una inverter smaw ad arco da 160/180/ ampere monofase possa essere sufficiente per una piccola postazione di manutenzione con cavi da 6 metri
La saldatrice è un equipaggiamento che permette di unire tra di loro materiali uguali o diversi (in genere metalli o leghe, ma anche materie plastiche). La saldatura può andare dalla più semplice stagnatura (lega di stagno/piombo-da qualche anno senza piombo, per ragioni ecologiche) fino alle sofisticate saldature TIG (dall'inglese Tungsten Inert Gas, ossia punta di tungsteno con gas inerte che forma un arco elettrico tra i due materiali-o meglio tre, comprendendo la bacchetta di apporto).
La saldatrice, o meglio il saldatore a stagno è abbastanza conosciuto nel campo dell'elettronica, dove è usato per effettuare le connessioni tra la scheda (circuito stampato) ed i componenti. È abbastanza semplice da usare, richiede un minimo di addestramento per riscaldare (senza bruciare) i componenti nella giusta maniera, al fine di evitare le cosiddette saldature fredde.
Brasatura[modifica | modifica wikitesto]
Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Brasatura.
Un grado sopra si trova la brasatura, che viene effettuata mediante un cannello, in genere a propano ma anche ossiacetilenico, opportunamente regolato per ottenere una fiamma di temperatura non troppo elevata, per evitare di fondere anche i pezzi che si vogliono brasare (in genere con una lega di argento che, a seconda del titolo, fonde a temperature diverse). È usata dagli idraulici per la brasatura di tubazioni o per la realizzazione di collari, pipe ecc. La saldatrice, in questo caso, è data dal cannello, dal tubo di raccordo con la bombola e dalla bombola di propano. Se viene usato il sistema ossiacetilenico, le bombole sono due (ossigeno ed acetilene) ed il cannello ha delle regolazioni più sofisticate.
Saldatura ossiacetilenica[modifica | modifica wikitesto]
Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Saldatura ossiacetilenica.
La saldatrice ossiacetilenica, come detto sopra, è composta da un cannello ad ugelli intercambiabili a seconda del lavoro da eseguire e della quantità di calore richiesto dalle dimensioni dei pezzi da saldare, da due tubi che si collegano alle bombole (una di ossigeno ed una di acetilene) attraverso dei regolatori di pressione muniti di due manometri (uno per la pressione della bombola, l'altro per la pressione nei tubi e quindi nel cannello) ed in genere con due valvole di sicurezza per impedire i ritorni di fiamma (cioè per evitare che la combustione dell'acetilene invece di verificarsi all'uscita dell'ugello, possa propagarsi lungo il tubo e quindi alla bombola, con conseguenze ben immaginabili. Con la saldatrice ossiacetilenica si uniscono in genere pezzi dello stesso metallo (saldatura autogena) ma, usando opportunamente l'ottone come materiale di apporto, si possono ottenere delle brasature forti anche tra metalli diversi.
Saldatura ad arco[modifica | modifica wikitesto]
Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Saldatura a elettrodo rivestito.
La saldatrice per eccellenza è la saldatrice elettrica o meglio ad arco elettrico. Non è altro che un corto circuito tra un elettrodo metallico, rivestito di una sostanza che isola l'elettrodo stesso dall'atmosfera, per evitare fenomeni di ossidazione ed i due pezzi metallici da saldare. In genere la corrente è continua, ma esistono anche le saldatrici a corrente alternata, meno efficienti e più difficili da usare. Si possono saldare molti metalli, ma per metalli come l'alluminio ed il magnesio occorrono particolari attrezzature. Da alcuni anni, le saldatrici sono state denominate inverter per identificare un processo di rettifica della corrente alternata mediante circuiti elettronici (agli albori della saldatura ad arco, come è anche chiamata, si usavano dei grossi trasformatori per la saldatura in corrente alternata e dei raddrizzatori a vapore di mercurio o delle dinamo, azionate da motori elettrici o a combustione interna per produrre corrente continua)
Saldatura in gas inerte[modifica | modifica wikitesto]
Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Saldatura MIG/MAG.
Una variazione della saldatrice ad elettrodi è la saldatrice MIG (Metal Inert Gas Welding), nella quale gli elettrodi consumabili sono sostituiti da un filo continuo, rivestito o meno da una guaina isolante dall'atmosfera. Il MIG accelera notevolmente i tempi di saldatura, perché non richiede cambi di elettrodo, necessari quando lo stesso si è quasi consumato del tutto. È anche molto facile da usare e la sua curva di apprendimento è molto veloce.
Saldatura in gas inerte con elettrodo di tungsteno[modifica | modifica wikitesto]
Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Saldatura TIG.
La saldatrice TIG è una delle più sofisticate ed è basata su di un flusso di gas inerte (in genere argon o miscele di gas a base di argon) tra una punta di tungsteno, che non fonde, se non in misura minima ed i pezzi da saldare tra loro, fondendo insieme, se del caso, il materiale di apporto (per spessori sottili l'apporto non è necessario). La punta di tungsteno (intercambiabile e reperibile in diverse varietà e diametri, puro o con addizione di torio radioattivo, terre rare ecc.) viene stretta in un collare all'interno di una piccola campana ceramica che mantiene il flusso di gas nella direzione di saldatura. Con il TIG si può praticamente saldare quasi qualsiasi metallo, si possono saldare metalli diversi tra loro e si ottengono delle saldature molto pulite e dall'aspetto gradevole. Non è una saldatura molto facile da apprendere, anche per le regolazioni che si devono fare alla macchina e che, per una saldatura universale (ed in particolare per l'alluminio o il magnesio) va impostata su corrente continua, corrente alternata, corrente pulsante, cicli di alternata diversi a seconda del materiale, con corrente ad onda quadra e non sinusoidale, comandi dell'intensità di corrente variabili a mano o a pedale o pre-programmati ecc.). Una saldatriceTIG è una macchina abbastanza complicata e dal costo non proprio abbordabile dagli hobbisti. In compenso è una macchina universale, perché la saldatura TIG, anche se basata su processi totalmente diversi, è molto simile a quella ossiacetilenica ed inoltre le saldatrici TIG sono generalmente predisposte anche per saldare ad arco mediante elettrodi.
Saldatura a punti[modifica | modifica wikitesto]
Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Saldatura § Saldatura a punti.
Esistono poi saldatrici a punti (degli esempi si possono vedere nei terminali delle comuni batterie al Nickel-Cadmio), praticamente usate solo nella produzione industriale. Si compongono di due elettrodi, entro i quali si fanno passare i pezzi da saldare e la scarica elettrica che avviene tra i due elettrodi, fonde i due pezzi in un punto.
Saldatura a plasma[modifica | modifica wikitesto]
Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Saldatura a plasma.
Per ultima esiste la saldatrice a plasma, basata anch'essa su una scarica elettrica in un gas inerte, ma a temperature elevatissime - diverse decine di migliaia di gradi. La saldatura è abbastanza facile, ma le temperature esistenti richiedono la massima protezione, con maschere, guanti ed indumenti adeguati. Normalmente la saldatrice al plasma è più usata per il taglio dei metalli di grosso spessore, appunto per la sua precisione e la sua velocità. Può essere abbinata a macchine CRC per tagli di lamiere secondo profili particolari.
Sistemi di protezione[modifica | modifica wikitesto]
Ovviamente tutte queste saldatrici, durante il loro uso, richiedono adeguati sistemi di protezione degli occhi(occhiali e maschere attiniche che arrestino i raggi ultravioletti e riducano l'abbagliamento), delle mani (guanti di grossa pelle bovina per evitare scottature, guanti ben ricoprenti per il TIG, che emana raggi ultravioletti più di quanto non sembri), del resto del corpo (grembiule di cuoio, stivaletti antinfortunio, giacche e pantaloni di tessuto resistente e possibilmente ignifugo).
saldatrice portatile da cantiere
saldatrice a filo
postazione per saldatrice, per saldare occorrerebbe un adeguato banco con sistema di ventilazione cappa aspirante ed eventualmente dei cavalletti da carpentiere per sostenere pezzi di lunghe dimensioni
La scelta di una saldatrice è molto simile alla scelta di un auto. Comporta la ricerca di un prodotto che sia efficiente, potente, facile da gestire e, soprattutto, adatto a soddisfare particolari esigenze del cliente. Ma con una così ampia scelta sul mercato come può un saldatore scegliere la saldatrice adatta alle proprie esigenze?
Primo passo è capire le esigenze dell'attività da svolgere. Per determinare ciò esaminate i procedimenti di saldatura più utilizzati e per quali materiali sono maggiormente adatti.
http://www.aggiustatutto.it/faidate-lavori/ferrolavori/104-costruzione-del-banco-da-lavoro.html
caricabatteria necessario in caso di necessita
http://www.faidate360.com/Caricabatterie_auto.html
cannello ossiacetilenico
La Saldatura ossiacetilenica (OFW - OxiFuel gas Welding nella terminologia generica AWS, indicata anche come OAW - OxyAcetylene Welding) è un procedimento di saldatura in cui l'energia viene fornita dalla combustione di acetilene in ambiente fortemente ossidante. Questo procedimento, non richiedendo energia elettrica, è stato fra i primi ad essere studiato per la saldatura (1895) e fu utilizzato fin dagli inizi del XX secolo. Nella saldatura ossiacetilenica è quasi sempre richiesto che sia fornito materiale d'apporto, di solito sotto forma di bacchette, fondenti sotto la fiamma. Date le sue caratteristiche non tutti i materiali sono saldabili con questa tecnologia. Oltre che in saldatura la fiamma ossiacetilenica viene spesso usata anche in brasatura, mentre la torcia ossiacetilenica può essere adattata all'ossitaglio.
L'energia necessaria per la saldatura in questo procedimento viene fornita da una fiamma di acetilene in ossigeno puro, la fiamma prodotta dalla combustione di due gas si divide in tre zone:
dardo, che è una zona conica immediatamente adiacente all'uscita del cannello, bianco abbagliante, in cui avviene la reazione
C_2H_2 + O_2 \rightarrow 2CO + H_2 + 444kJ
Questa reazione, come è ben visibile, dà origine a prodotti gassosi che possono essere ulteriormente ossidati (CO e H2). La temperatura più elevata della fiamma è raggiunta al vertice del dardo.
zona riduttrice, di colore bluastro, in cui i gas riducenti prodotti nel dardo vengono a contatto con l'ossigeno presente nell'aria, e, completando l'ossidazione, producono ulteriore calore. In questa zona avvengono le reazioni
2CO + O_2 \rightarrow 2CO_2 + 573kJ
H_2 + {1\over2} O_2 \rightarrow H_2O + 243 kJ
pennacchio, la zona più esterna della fiamma costituito da prodotti della combustione, azoto e ossigeno atmosferico in eccesso a quello richiesto per le reazioni nella zona riduttrice. Il pennacchio è più luminoso della zona riduttrice, finché i gas restano a temperatura sufficientemente elevata. Dal punto di vista chimico è ossidante, data la presenza di ossigeno atmosferico.
La fiamma che si ottiene con la combustione dell'acetilene in ossigeno puro ha la temperatura di fiamma più alta fra quelle conosciute (3000-3100 °C), per esempio la combustione di idrogeno con ossigeno dà una temperatura di fiamma di circa 2500 °C. Chimicamente la fiamma ossiacetilenica, producendo solo CO e H2 nella combustione primaria ha caratteristiche riducenti, quindi è la fiamma stessa a proteggere il metallo sottostante dall'ossidazione.
Caratteristiche dell'acetilene[modifica | modifica wikitesto]
Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Acetilene.
L'acetilene (C2H2) è un idrocarburo insaturo contenente il 92,3% in peso di carbonio (quindi, fra tutti gli idrocarburi, è quello che contiene la più alta percentuale in peso di carbonio), sintetizzato per la prima volta nel 1836 per reazione fra H e carburo di potassio. Il limite di infiammabilità (a pressione atmosferica) inferiore dell'acetilene con l'ossigeno è minore del 3%, mentre il limite superiore è del 90% (cioè l'acetilene brucia a pressione atmosferica in ossigeno in concentrazioni che vanno dal 3 al 90% in volume), questi valori tendono ad allargarsi aumentando la pressione. La velocità di propagazione della fiamma ha un massimo di 22 m/s (10,9% di acetilene), questo significa che la reazione con l'ossigeno può provocare esplosioni. Per questo motivo, considerando anche che l'acetilene è corrosivo nei confronti dei metalli, in quanto forma acetiluri, l'acetilene è conservato disciolto in acetone. L'acetone in cui viene disciolto l'acetilene deve essere privo di impurezze, in particolare di acqua, che abbassa notevolmente la solubilità dell'acetilene nell'acetone. Per facilitare la stabilità della soluzione di acetilene in acetone, le bombole sono riempite di materiale poroso in cui viene assorbito l'acetone.
Considerando le difficoltà di gestione dell'acetilene in bombole, nella prima metà del XX secolo, cioè prima che la saldatura ossiacetilenica venisse sostituita dalla saldatura ad arco, venivano utilizzati gasogeni per la produzione di acetilene. La reazione chimica utilizzata nei gasogeni per la produzione era quella fra acqua e carburo di calcio
CaC_2 + 2H_2O \rightarrow C_2H_2 + Ca(OH)_2
Il cannello ossiacetilenico[modifica | modifica wikitesto]
L'acetilene viene portato a contatto con l'ossigeno, per generare la fiamma, tramite il cannello, che miscela i due gas nelle quantità opportune per avere una fiamma con le caratteristiche richieste per la saldatura (alta temperatura ed ambiente riducente). La potenza del cannello è definita come la portata di acetilene (l/h) che può essere erogata dal cannello stesso. I cannelli possono variare la potenza o per cambiamento della testa (cioè la parte in cui avviene la miscelazione dei gas ed in cui è l'orifizio di uscita) o con un eiettore variabile e cambiando solo la punta (cioè l'orifizio di uscita dei gas miscelati).
I cannelli possono essere a bassa pressione (cioè con la pressione di ossigeno più alta di quella dell'acetilene), in questo caso l'ossigeno (alla pressione di 1-3 bar) viene accelerato in un eiettore e successivamente miscelato all'acetilene, che si trova a pressione atmosferica. In questo modo si ha un miscelamento superiore al teorico con conseguente maggiore consumo di ossigeno. Nei cannelli ad alta pressione ossigeno ed acetilene sono alla stessa pressione (0,5-0,75 bar), quindi non è necessario l'eiettore per la miscelazione che avviene fra gas alla stessa pressione. Lo svantaggio naturalmente presente con questi cannelli è la necessità di tenere l'acetilene ad una pressione relativamente elevata.
Il saldatore, nel corso delle operazioni di saldature deve regolare la fiamma in modo tale che resti sempre neutra o riducente. Ovviamente saldare in eccesso di ossigeno porta a difetti di saldatura come inclusioni di ossidi o incollature.
I materiali che possono essere saldati con questo tipo di procedimento sono:
Difetti di esecuzione, comuni anche ad altre tipologie di saldatura, sono i profili del cordone errati (eccesso di sovraspessore, mancanza di spessore, incisioni marginali), questi difetti in genere provengono da un'errata velocità di saldatura. L'eccesso di sovraspessore viene da un movimento in avanti del cannello troppo lento, mentre la mancanza di spessore viene generalmente da un movimento eccessivamente rapido. Le incisioni marginali possono venire anche da un'errata posizione del cannello (solco su un solo lato) o da un'eccessiva potenza del cannello (solchi su entrambi i lati)
buca di ispezione o rampe o ponte sollevatore
l'adeguamento alla norma UNI 9721:2009 delle fosse d'ispezione,qualora le lavorazioni all’interno della fossa comportino emissioni di sostanze pericolose (ad es. fumi di saldatura o vapori di solventi) va adottata una opportuna aspirazione localizzata.
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contenitore oli esausti a norma, contenitore batteria locale ricovero materiali usurati gomme ecc
ponte sollevatore
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La gestione dei rischi nel settore delle autoriparazioni
Il ponte sollevatore è un’attrezzatura che permette di sollevare un veicolo ad un’altezza tale che consenta di verificare dal basso, per un’ispezione visiva, le strutture e gli organi di trasmissione del veicolo. Il ponte sollevatore e l’ambiente in cui è installato devono poter garantire un’altezza di sollevamento pari a 1,8 m per veicoli di massa a pieno carico pari almeno a 3500 kg. Devono, altresì, essere assicurati:
1) uno spazio libero di larghezza di almeno 60 cm, intorno al ponte;
2) circuiti di sicurezza che permettano l’arresto interrotto il raggio luminoso di relè fotoelettrici applicati sui bordi esterni inferiori delle superfici di guida;
3) dispositivi di sicurezza contro l’improvvisa perdita di pressione nel sistema idraulico;
4) banco prova giochi incorporato e rigidità sufficiente ad assorbire la spinta delle piastre;
5) pedane di lunghezza non inferiore a 4500 mm. e larghezza non inferiore a 600 m:
6) dispositivo di sincronizzazione degli organi di sollevamento, tale da garantire l’allineamento delle pedane indipendentemente dalle distribuzioni di carico;
7) dispositivo di sicurezza nei confronti del sovraccarico.
– CARATTERISTICHE MECCANICHE
2.1 – AZIONAMENTO
L’azionamento può essere elettrodinamico o elettromeccanico
2.2 - PORTATA
La portata deve essere di almeno di 3500 Kg.
2.3 - CARATTERISTICHE DIMENSIONALI
Lunghezza pedane 4500 mm.
Larghezza pedane 600 mm.
Altezza bordo lato interno pedane 60 mm.
Distanza tra i bordi interni pedane 800 mm.
L’obbligo del bordo lato interno pedana è riferito unicamente ai ponti installati fuori terra (non incassati).
2.4 - ALTEZZA DI SOLLEVAMENTO
Altezza di sollevamento dal piano di calpestio dell’elemento più basso della struttura del sollevatore non inferiore a 1,8 m.
Per altezza di sollevamento s’intende la distanza intercorrente fra piano di calpestio, utilizzato dall’operatore, purché reso praticabile senza pericolo e il piano delle pedane su cui poggiano le ruote del veicolo in prova (in sintonia con la definizione di profondità della fossa).
2.5 - TEMPO DEL CICLO SALITA-DISCESA
Il tempo massimo impiegato a compiere un ciclo completo di salita e discesa, a pieno carico, deve essere 60 s.
2.6 - PREDISPOSIZIONI
Il ponte deve offrire la possibilità di:
• montaggio dell’apparecchiatura prova giochi;
• montaggio incassato nel pavimento, in posizione di chiusura;
• inserimento di un impianto d’illuminazione fondo vettura;
• applicazione di un sollevatore ausiliario per liberare le ruote del veicolo.
2.7 - MONTAGGIO PROVA GIOCHI
In caso di montaggio del prova giochi il ponte deve avere rigidità sufficiente ad impedire l’assorbimento della spinta delle piastre prova giochi da parte della struttura (giochi delle pedane, flessioni, torsioni delle colonne e delle traverse).
3 - SICUREZZE
Il ponte deve possedere i seguenti dispositivi di sicurezza:
• protezioni salvapiedi:
• arresto veicoli fisso o automatico;
• appoggi meccanici ad inserimento automatico durante la salita;
• dispositivi di regolazione della velocità di discesa (solo per sollevatori elettroidraulici);
• dispositivo di sicurezza in caso di rottura di una tubazione idraulica;
• dispositivo di sincronizzazione, per sollevatori a forbice o a parallelogramma, degli organi di sollevamento tale da garantire l’allineamento delle pedane indipendentemente dalla distribuzione del carico;
banco di lavoro
Il banco di aggiustaggio è un banco di lavoro dell'officina. Assieme agli attrezzi e agli utensili da aggiustatore costituisce il posto di aggiustaggio dove si svolge la lavorazione a freddo dei metalli.
È costituito da un robusto banco di legno o di metallo il cui piano è talvolta ricoperto da una lamiera o da un foglio di gomma. L'altezza del piano dal pavimento è in funzione della statura dell'operaio che vi lavora ma in media è di circa 80 cm. La miglior disposizione è nei pressi di una finestra, parallelo alla parete su cui si apre.
Sul piano è fissata la morsa parallela e talvolta il supporto per le lime affinché non abbiano a spuntarsi poggiando direttamente sulla lamiera del rivestimento. La morsa può essere avvitata direttamente al banco oppure su un blocco di legno a sua volta imbullonato al banco; più raramente è ancorata con il morsetto a vite, soluzione adatta ai piccoli banchi hobbystici.
Sulla parte frontale si aprono i cassetti per gli attrezzi. Ogni cassetto dispone di due ripiani interni di cui quello superiore è asportabile per comodità di accesso all'inferiore. Per tradizione sul fondo si collocano le lime, i raschietti, i pennelli e le spazzole; sull'asportabile il calibro, il truschino, i punzoni, i marcatori, i compassi, le squadrette, le righe e i righelli.
È buona regola mantenere in perfetto ordine l'attrezzatura e lasciare sul piano solo ciò che serve per la lavorazione in corso, riponendo nei cassetti ciò che non occorre più. A fine lavoro si ripulisce con un panno la superficie del banco e con aria compressa gli utensili usati e, se necessario, il fondo delle cassettiere per evitare l'accumulo di sporcizia e limatura.
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se avete una buona manualita lo potete costruire da voi