IL MULO MECCANICO
Le prime sommarie notizie del Mulo Meccanico risalgono all’ inizio degli anni cinquanta e ci provengono da parte di Giuseppe Busso, grande progettista dell’ Alfa Romeo dal 1948 al 1977.
Busso, raccontando le fasi della realizzazione della “sua” creatura preferita, la Matta, scrisse che durante i collaudi di questa vettura, effettuati nel 1951, aveva ricevuto preziosi consigli dall’ allora Colonnello (poi Generale) Ferruccio Garbari, consulente militare dell’ Esercito Italiano e validissimo tecnico.
Ricordando quel fruttuoso periodo di collaborazione, Busso narrava che già da allora Garbari aveva iniziato lo studio di un rivoluzionario mezzo di trasporto destinato ai reparti Alpini delle nostre Forze Armate, ispirato ai motocarri e dotato di trazione integrale sulle tre ruote. La sua idea era di sostituire, del tutto o in parte, i muli, da sempre fedeli aiutanti degli Alpini, al fine di dotare i Reparti Militari di un mezzo di trasporto in grado di percorrere i sentieri montani con carichi che gli instancabili quadrupedi non erano in grado di sopportare.
Lo studio del nuovo veicolo si protrasse per alcuni anni e portò il Colonnello Garbari a redigere un approfondito trattato sulla fattibilità e convenienza nella realizzazione di un tale mezzo, pubblicato nel 1956 a cura della “Rivista Militare” e stampato a Roma dal Ministero della Difesa, dal titolo “La motorizzazione di montagna quale sintesi della motorizzazione speciale fuori strada”.
In questa ponderosa, impegnativa e tecnicamente molto approfondita opera, Ferruccio Garbari sviscerava tutte le problematiche del trasporto in montagna, illustrando e spiegando le ragioni per cui un siffatto veicolo avrebbe portato grandi vantaggi e miglioramenti nello spostamento di merci e uomini su percorsi aventi larghezze limitate, fondi irregolari, forti pendenze e raggi di svolta non affrontabili dai mezzi tradizionali.
A conclusione del suo trattato, il colonnello Garbari illustrava le prove già effettuate con un prototipo di tale mezzo, realizzato in conformità allo schema descritto nel libro.
Il veicolo prototipo venne realizzato a Bologna presso le officine O.A.R.E. dell’ Esercito, come ricordato da alcune persone da noi conosciute che lavoravano in quegli anni presso tale reparto militare. Venne assemblato utilizzando in buona parte alcuni componenti provenienti da veicoli già in uso, come ad esempio, il motore monocilindrico di 500 cc. Moto Guzzi dei motocicli Falcone in dotazione in quegli anni ai militari.
Oltre a numerosi collaudi effettuati nei campi prova veicoli dell’ Esercito, il prototipo venne duramente testato in alta montagna su percorsi al limite delle sue possibilità, proprio sui terreni per i quali era stato progettato. Con esso infatti vennero raggiunti dapprima la forcella Popèra a 2296 mt di altitudine, partendo da Selva Piana situata a quota 1556 mt passando per il famoso Rif. O. Sala (ora rudere, sostituito dal Rif. Berti nel 1962; tutte località situate sul gruppo delle Dolomiti di Sesto e famosi luoghi di aspre battaglie durante la I^ guerra mondiale). Successivamente fu testato fino ai 2854 metri di altitudine della cima Cà d’ Asti del Rocciamelone; in questo percorso, per un certo tratto durante la discesa, venne trattenuto a braccia imbragato con delle funi, da un folto gruppo di Alpini, tanta era la pendenza del sentiero!
Garbari terminava la sua trattazione dicendo che dopo le prove effettuate con questo primo prototipo artigianale, era già iniziata la costruzione di un piccolo numero di veicoli preserie per proseguire la sperimentazione. Questi veicoli preserie effettuarono numerosi test e collaudi negli anni immediatamente successivi alla pubblicazione del libro di Garbari (1956), finché dal Ministero della Difesa venne deliberata la fornitura di tali veicoli destinati ai Reparti Alpini. Questi primi mezzi preserie differivano per alcuni particolari dai mezzi che furono prodotti per le commesse militari.
Successivamente, dal 1960 al 1961, avvenne la produzione degli esemplari definitivi in due lotti apparentemente identici meccanicamente ed anche nell’aspetto, i primi punzonati con la sigla Q AB ed i secondi con la sigla Q AC. Ad entrambe le sigle venne fatta seguire una numerazione a due sole cifre, per cui è plausibile che tutte e due le serie abbiano raggiunto la produzione massima di 99 esemplari ciascuna.
Più volte interpellata, la stessa Casa madre non è mai stata in grado di fornire risposte in merito alla effettiva quantità prodotta, né ad altre informazioni generali sul Mulo Meccanico, affermando che non esisteva più alcuna documentazione in quanto si era trattato di una fornitura specifica per l’Esercito, della quale era stata cancellata ogni traccia. (www.motoguzzi3x3mulomeccanico.it)
Nonostante l'acquisto di tali mezzi il loro impiego rimase praticamente in fase sperimentale e mai riuscirono a sostituire i muli. Il Generale Cavallari aveva visto "lungo". Tali mezzi parteciparono nei primi anni 60 anche ad una Parata del 2 Giugno spacciati come modernizzazione delle Truppe Alpine, ma chi li conobbe bene in quegli anni così ne parla:
" e' come rivivere un incubo pensare al "mulo meccanico" che ci rifilarono da provare a militare negli alpini.
Lo spacciarono come il futuro ed il rimpiazzo dei muli (quelli veri!) salvo poi accorgerci che si ribaltava nei piazzali e di andare in montagna manco parlarne.
Mezzo tecnicamente e sulla carta molto sofisticato, numero infinito di marce e trazioni ma adatto a girare come massimo in cava. Ingombro da camion e sulle strade di montagna, di allora, nonostante le ruote posteriori a carreggiata variabile, non passava. Figuriamoci quando si trattava di infilarci su una mulattiera, era un incubo, con una trazione nel vuoto e in dieci a controbilanciare. Il bello veniva quando la salita si faceva impegnativa perché la trazione c'era ma tendeva a capottarsi indietro.
Per fortuna non venne mai utilizzato seriamente e poi accantonato ed alla scomparsa dei muli, animali incredibili che riuscivano a salire con il carico dove noi a stento salivamo a piedi, tentarono di sostituirli con un altro accrocchio anche quello ben presto dismesso. L'unico sostituto può essere considerato l'elicottero, ma anche lui ha dei limiti."
L'altro "accrocchio" di cui parla il nostro amico è il carrello MTC-80.
Questo mezzo era una sorta di carrello a quattro ruote motrici e tutte sterzanti capace di sostenere un carico pari al suo peso che era di 500 Kg. e che non avrebbe dovuto avere la facilità di ribaltamento del suo predecessore a tre ruote. Tale mezzo fu studiato e prodotto dalla ditta Fresia ( Fresia "F10" 4X4).
La sperimentazione operativa sui motocarrelli è stata effettuata presso la Brigata Alpina "Orobica" dal 10 aprile al 20 maggio 1989 su vari itinerari nei dintorni di Malles Venosta (BZ) essendo i motocarrelli parcati presso la Caserma Wackernell, sede (allora) del Battaglione Alpini "Tirano". Per tale sperimentazione ne furono usati 30 non contemporaneamente e al termine queste le conclusioni:
Gli studi e le prove pratiche effettuate hanno consentito di individuare i possibili impieghi operativi dei motocarrelli utilizzando anche speciali piastre sagomate in materiale plastico, idonee a contenere le varie armi o parti di esse quando smontate. In particolare sono stati effettuati:
- schieramento di un plotone mortai da 81 e di un plotone mortai da 120;
- presa e abbandono di posizione con obici da 105/14;
- organizzazione di un posto comando di compagnia mortai e di batteria obici;
- rifornimenti logistici di carburanti, viveri e munizioni dal fondo valle.
Nonostante tutto anche questo mezzo non riuscì a sostituire i muli e, anche in questo caso, più che i risultati ufficiali ci interessano i commenti di chi li ha usati:
" MTC-80? è uno dei noti e pericolosi Fresia 4x4.
A Tolmezzo erano tirati fuori una volta all'anno per assicurarsi che andassero ancora. Ci si divertiva una mezza giornata il personale dell'officina, poi erano rimessi nei magazzini.
Non essendoci più i muli, la conseguenza era che i campi marcianti erano svolti senza pezzi al seguito, perché dove arrivavano artiglieri e muli i 4x4 nemmeno passavano per dimensioni."
E ancora un ricordo:
"Noi in Batteria non li avevamo (grazie a Dio). Al Gruppo invece ce n'erano. E se ne portarono dietro un paio o tre alla Display Determination.
Immaginatevi la scena, a cui io assistetti da molto lontano e da molto più in alto: Obici schierati e mascheratissimi: devo ammettere che non era semplice identificarli tutti. Posti comando eccetera idem. Difesa Vicina fusa col terreno: praticamente invisibile. Si sarebbe portati a dire: figata! Ca**uti e operativi, questi del Pinerolo, non si capisce nemmeno se ci sono e invece no: mica potevi dirlo perché la "colonna sonora" della scena era un assordante POT-POT-POT di UN SOLO motocarrello che saliva un sentiero diretto verso il Gruppo, con a fianco il suo "conducente" che camminava al passo. Quel frastuono echeggiava nelle valli, cacchio, lo sentivi a chilometri. Allora io, nell'AR76 accesa su cui eravamo, fate conto almeno 500 metri di quota più su e un paio di chilometri a lato (si sentiva il motocarrello) dissi allo Sten: mitico. Tutta la pista per "sotterrare" il Gruppo e renderlo invisibile mandato in vacca da un motocarrello. Lui, ingegnere di Milano, mi guardò facendo un sorrisetto e disse: che ci vuoi fare? E' la naja: noi ci siamo portati dietro (a costo di rischi economici pazzeschi dato il suo costo che, ci disse il Ten. Col., sarebbe stato addebitato a noi in caso di danni) il visore notturno ad amplificazione della luminosità di fondo (una meraviglia, sul serio), e nel contempo siamo dotati di cessi come quello. Meno male che non lo si usa praticamente mai."
Il modello MTC-80 (Fresia F10) fu sostituito dal MTC-90 (Fresia F18) che rimase in servizio dal 1992 sino ad alcuni anni fa. Il Fresia F18 (MTC90) è commercializzato anche per impieghi civili e/o/ militari - depliant -
Un discorso a parte è la sperimentazione che dovrebbe essere in fase di conclusione negli USA del Drone del mulo.
Si chiama Legged Squad Support System (LS3) ed è stato presentato dalla DARPA, l'agenzia della Difesa statunitense dedicata alla ricerca, attraverso un video pubblicato su Youtube. Si tratta di un mulo meccanico capace di portare pesi di 200Kg e correre per più 30 Km senza bisogno di ricaricarsi.
Il robot è stato sviluppato dalla Boston Dynamics, che lavora al progetto denominato Alpha Dog dal 2005. Il compito del mezzo sarà quello di trasportare le attrezzature dell'esercito nelle zone più impervie, aiutando così gli spostamenti delle truppe.
L’LS3 che ha le movenze di un toro meccanico, è equipaggiato con GPS e sensori di localizzazione e risponde a comandi visivi e verbali, essendo capace di seguire autonomamente la guida di riferimento.
DARPA cercherà di dimostrare che l'LS3 può essere in grado di portare un notevole carico alleviando in tal modo i componenti di una squadra appiedata e al tempo stesso interagire con essi in modo naturale, similmente a ciò che farebbero un animale addestrato ed il suo conduttore.
A questo mulo meccanico è interessato il Corpo dei Marines al cui comandante, Generale James F. Amos è stato presentato il progetto e il prototipo, del quale il Tenente Colonnello dell'esercito Joe Hitt, ha elogiato la continua evoluzione maturata attraverso la continua sperimentazione sia in laboratorio che sul campo.
Il drone LS3 ha così dimostrato di essere molto stabile sulle sue gambe ma, anche in caso di ribaltamento, può automaticamente rialzarsi e continuare il proprio cammino. LS3 ha anche la possibilità di seguire un leader umano e tenere traccia dei membri di una squadra in terreni boscosi ed erba alta.
Nel mese di luglio 2012 DARPA e il Marine Corps Warfighting Laboratory (MCWL) ha iniziato un ciclo di prova di due anni con lo scopo di affinarne le capacità operative. A dicembre 2012 dopo la presentazione dei risultati al Generale J.F. Amos, avvenuta in una base militare, è stato deciso che i nuovi test avverranno circa ogni trimestre presso basi militari di tutto il paese. Tali test culmineranno in un Marine Corps Advanced Warfighting, esperimento in cui l'LS3 sarà incorporato in una squadra per un esercitazione operativa.
Siamo senza dubbio curiosi di vederne i risultati anche se siamo sicuri che questi droni non saranno mai capaci di sostituire il nostro vecchio mulo, quantomeno dal punto di vista affettivo.