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 mitico " mulo meccanico"

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el magutt

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MessaggioTitolo: mitico " mulo meccanico"   mitico " mulo meccanico" Icon_minitimeGio Mar 31, 2022 7:47 pm

IL MULO MECCANICO



Le prime sommarie notizie del Mulo Meccanico risalgono all’ inizio degli anni cinquanta e ci provengono da parte di Giuseppe Busso, grande progettista dell’ Alfa Romeo dal 1948 al 1977.
Busso, raccontando le fasi della realizzazione della “sua” creatura preferita, la Matta, scrisse che durante i collaudi di questa vettura, effettuati nel 1951, aveva ricevuto preziosi consigli dall’ allora Colonnello (poi Generale) Ferruccio Garbari, consulente militare dell’ Esercito Italiano e validissimo tecnico.
Ricordando quel fruttuoso periodo di collaborazione, Busso narrava che già da allora Garbari aveva iniziato lo studio di un rivoluzionario mezzo di trasporto destinato ai reparti Alpini delle nostre Forze Armate, ispirato ai motocarri e dotato di trazione integrale sulle tre ruote. La sua idea era di sostituire, del tutto o in parte, i muli, da sempre fedeli aiutanti degli Alpini, al fine di dotare i Reparti Militari di un mezzo di trasporto in grado di percorrere i sentieri montani con carichi che gli instancabili quadrupedi non erano in grado di sopportare.
Lo studio del nuovo veicolo si protrasse per alcuni anni e portò il Colonnello Garbari a redigere un approfondito trattato sulla fattibilità e convenienza nella realizzazione di un tale mezzo, pubblicato nel 1956 a cura della “Rivista Militare” e stampato a Roma dal Ministero della Difesa, dal titolo “La motorizzazione di montagna quale sintesi della motorizzazione speciale fuori strada”.
In questa ponderosa, impegnativa e tecnicamente molto approfondita opera, Ferruccio Garbari sviscerava tutte le problematiche del trasporto in montagna, illustrando e spiegando le ragioni per cui un siffatto veicolo avrebbe portato grandi vantaggi e miglioramenti nello spostamento di merci e uomini su percorsi aventi larghezze limitate, fondi irregolari, forti pendenze e raggi di svolta non affrontabili dai mezzi tradizionali.
A conclusione del suo trattato, il colonnello Garbari illustrava le prove già effettuate con un prototipo di tale mezzo, realizzato in conformità allo schema descritto nel libro.
Il veicolo prototipo venne realizzato a Bologna presso le officine O.A.R.E. dell’ Esercito, come ricordato da alcune persone da noi conosciute che lavoravano in quegli anni presso tale reparto militare. Venne assemblato utilizzando in buona parte alcuni componenti provenienti da veicoli già in uso, come ad esempio, il motore monocilindrico di 500 cc. Moto Guzzi dei motocicli Falcone in dotazione in quegli anni ai militari.
Oltre a numerosi collaudi effettuati nei campi prova veicoli dell’ Esercito, il prototipo venne duramente testato in alta montagna su percorsi al limite delle sue possibilità, proprio sui terreni per i quali era stato progettato. Con esso infatti vennero raggiunti dapprima la forcella Popèra a 2296 mt di altitudine, partendo da Selva Piana situata a quota 1556 mt passando per il famoso Rif. O. Sala (ora rudere, sostituito dal Rif. Berti nel 1962; tutte località situate sul gruppo delle Dolomiti di Sesto e famosi luoghi di aspre battaglie durante la I^ guerra mondiale). Successivamente fu testato fino ai 2854 metri di altitudine della cima Cà d’ Asti del Rocciamelone; in questo percorso, per un certo tratto durante la discesa, venne trattenuto a braccia imbragato con delle funi, da un folto gruppo di Alpini, tanta era la pendenza del sentiero!
Garbari terminava la sua trattazione dicendo che dopo le prove effettuate con questo primo prototipo artigianale, era già iniziata la costruzione di un piccolo numero di veicoli preserie per proseguire la sperimentazione. Questi veicoli preserie effettuarono numerosi test e collaudi negli anni immediatamente successivi alla pubblicazione del libro di Garbari (1956), finché dal Ministero della Difesa venne deliberata la fornitura di tali veicoli destinati ai Reparti Alpini. Questi primi mezzi preserie differivano per alcuni particolari dai mezzi che furono prodotti per le commesse militari.


Successivamente, dal 1960 al 1961, avvenne la produzione degli esemplari definitivi in due lotti apparentemente identici meccanicamente ed anche nell’aspetto, i primi punzonati con la sigla Q AB ed i secondi con la sigla Q AC. Ad entrambe le sigle venne fatta seguire una numerazione a due sole cifre, per cui è plausibile che tutte e due le serie abbiano raggiunto la produzione massima di 99 esemplari ciascuna.
Più volte interpellata, la stessa Casa madre non è mai stata in grado di fornire risposte in merito alla effettiva quantità prodotta, né ad altre informazioni generali sul Mulo Meccanico, affermando che non esisteva più alcuna documentazione in quanto si era trattato di una fornitura specifica per l’Esercito, della quale era stata cancellata ogni traccia. (www.motoguzzi3x3mulomeccanico.it)



Nonostante l'acquisto di tali mezzi il loro impiego rimase praticamente in fase sperimentale e mai riuscirono a sostituire i muli. Il Generale Cavallari aveva visto "lungo". Tali mezzi parteciparono nei primi anni 60 anche ad una Parata del 2 Giugno spacciati come modernizzazione delle Truppe Alpine, ma chi li conobbe bene in quegli anni così ne parla:

" e' come rivivere un incubo pensare al "mulo meccanico" che ci rifilarono da provare a militare negli alpini.
Lo spacciarono come il futuro ed il rimpiazzo dei muli (quelli veri!) salvo poi accorgerci che si ribaltava nei piazzali e di andare in montagna manco parlarne.
Mezzo tecnicamente e sulla carta molto sofisticato, numero infinito di marce e trazioni ma adatto a girare come massimo in cava. Ingombro da camion e sulle strade di montagna, di allora, nonostante le ruote posteriori a carreggiata variabile, non passava. Figuriamoci quando si trattava di infilarci su una mulattiera, era un incubo, con una trazione nel vuoto e in dieci a controbilanciare. Il bello veniva quando la salita si faceva impegnativa perché la trazione c'era ma tendeva a capottarsi indietro.

Per fortuna non venne mai utilizzato seriamente e poi accantonato ed alla scomparsa dei muli, animali incredibili che riuscivano a salire con il carico dove noi a stento salivamo a piedi, tentarono di sostituirli con un altro accrocchio anche quello ben presto dismesso. L'unico sostituto può essere considerato l'elicottero, ma anche lui ha dei limiti."



L'altro "accrocchio" di cui parla il nostro amico è il carrello MTC-80.



Questo mezzo era una sorta di carrello a quattro ruote motrici e tutte sterzanti capace di sostenere un carico pari al suo peso che era di 500 Kg. e che non avrebbe dovuto avere la facilità di ribaltamento del suo predecessore a tre ruote. Tale mezzo fu studiato e prodotto dalla ditta Fresia ( Fresia "F10" 4X4).

La sperimentazione operativa sui motocarrelli è stata effettuata presso la Brigata Alpina "Orobica" dal 10 aprile al 20 maggio 1989 su vari itinerari nei dintorni di Malles Venosta (BZ) essendo i motocarrelli parcati presso la Caserma Wackernell, sede (allora) del Battaglione Alpini "Tirano". Per tale sperimentazione ne furono usati 30 non contemporaneamente e al termine queste le conclusioni:



Gli studi e le prove pratiche effettuate hanno consentito di individuare i possibili impieghi operativi dei motocarrelli utilizzando anche speciali piastre sagomate in materiale plastico, idonee a contenere le varie armi o parti di esse quando smontate. In particolare sono stati effettuati:

- schieramento di un plotone mortai da 81 e di un plotone mortai da 120;

- presa e abbandono di posizione con obici da 105/14;

- organizzazione di un posto comando di compagnia mortai e di batteria obici;

- rifornimenti logistici di carburanti, viveri e munizioni dal fondo valle.



Nonostante tutto anche questo mezzo non riuscì a sostituire i muli e, anche in questo caso, più che i risultati ufficiali ci interessano i commenti di chi li ha usati:

" MTC-80? è uno dei noti e pericolosi Fresia 4x4.

A Tolmezzo erano tirati fuori una volta all'anno per assicurarsi che andassero ancora. Ci si divertiva una mezza giornata il personale dell'officina, poi erano rimessi nei magazzini.
Non essendoci più i muli, la conseguenza era che i campi marcianti erano svolti senza pezzi al seguito, perché dove arrivavano artiglieri e muli i 4x4 nemmeno passavano per dimensioni."



E ancora un ricordo:

"Noi in Batteria non li avevamo (grazie a Dio). Al Gruppo invece ce n'erano. E se ne portarono dietro un paio o tre alla Display Determination.

Immaginatevi la scena, a cui io assistetti da molto lontano e da molto più in alto: Obici schierati e mascheratissimi: devo ammettere che non era semplice identificarli tutti. Posti comando eccetera idem. Difesa Vicina fusa col terreno: praticamente invisibile. Si sarebbe portati a dire: figata! Ca**uti e operativi, questi del Pinerolo, non si capisce nemmeno se ci sono e invece no: mica potevi dirlo perché la "colonna sonora" della scena era un assordante POT-POT-POT di UN SOLO motocarrello che saliva un sentiero diretto verso il Gruppo, con a fianco il suo "conducente" che camminava al passo. Quel frastuono echeggiava nelle valli, cacchio, lo sentivi a chilometri. Allora io, nell'AR76 accesa su cui eravamo, fate conto almeno 500 metri di quota più su e un paio di chilometri a lato (si sentiva il motocarrello) dissi allo Sten: mitico. Tutta la pista per "sotterrare" il Gruppo e renderlo invisibile mandato in vacca da un motocarrello. Lui, ingegnere di Milano, mi guardò facendo un sorrisetto e disse: che ci vuoi fare? E' la naja: noi ci siamo portati dietro (a costo di rischi economici pazzeschi dato il suo costo che, ci disse il Ten. Col., sarebbe stato addebitato a noi in caso di danni) il visore notturno ad amplificazione della luminosità di fondo (una meraviglia, sul serio), e nel contempo siamo dotati di cessi come quello. Meno male che non lo si usa praticamente mai."



Il modello MTC-80 (Fresia F10) fu sostituito dal MTC-90 (Fresia F18) che rimase in servizio dal 1992 sino ad alcuni anni fa. Il Fresia F18 (MTC90) è commercializzato anche per impieghi civili e/o/ militari - depliant -







Un discorso a parte è la sperimentazione che dovrebbe essere in fase di conclusione negli USA del Drone del mulo.

Si chiama Legged Squad Support System (LS3) ed è stato presentato dalla DARPA, l'agenzia della Difesa statunitense dedicata alla ricerca, attraverso un video pubblicato su Youtube. Si tratta di un mulo meccanico capace di portare pesi di 200Kg e correre per più 30 Km senza bisogno di ricaricarsi.

Il robot è stato sviluppato dalla Boston Dynamics, che lavora al progetto denominato Alpha Dog dal 2005. Il compito del mezzo sarà quello di trasportare le attrezzature dell'esercito nelle zone più impervie, aiutando così gli spostamenti delle truppe.

L’LS3 che ha le movenze di un toro meccanico, è equipaggiato con GPS e sensori di localizzazione e risponde a comandi visivi e verbali, essendo capace di seguire autonomamente la guida di riferimento.
DARPA cercherà di dimostrare che l'LS3 può essere in grado di portare un notevole carico alleviando in tal modo i componenti di una squadra appiedata e al tempo stesso interagire con essi in modo naturale, similmente a ciò che farebbero un animale addestrato ed il suo conduttore.

A questo mulo meccanico è interessato il Corpo dei Marines al cui comandante, Generale James F. Amos è stato presentato il progetto e il prototipo, del quale il Tenente Colonnello dell'esercito Joe Hitt, ha elogiato la continua evoluzione maturata attraverso la continua sperimentazione sia in laboratorio che sul campo.

Il drone LS3 ha così dimostrato di essere molto stabile sulle sue gambe ma, anche in caso di ribaltamento, può automaticamente rialzarsi e continuare il proprio cammino. LS3 ha anche la possibilità di seguire un leader umano e tenere traccia dei membri di una squadra in terreni boscosi ed erba alta.

Nel mese di luglio 2012 DARPA e il Marine Corps Warfighting Laboratory (MCWL) ha iniziato un ciclo di prova di due anni con lo scopo di affinarne le capacità operative. A dicembre 2012 dopo la presentazione dei risultati al Generale J.F. Amos, avvenuta in una base militare, è stato deciso che i nuovi test avverranno circa ogni trimestre presso basi militari di tutto il paese. Tali test culmineranno in un Marine Corps Advanced Warfighting, esperimento in cui l'LS3 sarà incorporato in una squadra per un esercitazione operativa.

Siamo senza dubbio curiosi di vederne i risultati anche se siamo sicuri che questi droni non saranno mai capaci di sostituire il nostro vecchio mulo, quantomeno dal punto di vista affettivo.

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MessaggioTitolo: Re: mitico " mulo meccanico"   mitico " mulo meccanico" Icon_minitimeGio Mar 31, 2022 7:49 pm

Come non riconoscere che i muli - i più forti, sobri e dotati di uno straordinario senso dell'equilibrio tra gli equini - siano stati nel secolo passato un insostituibile sistema di mobilità anche per le Forze Armate, soprattutto se pensiamo a quei percorsi di alta montagna, stretti e faticosi, che i nostri soldati dovevano valicare trasportando vettovaglie e pesanti pezzi d’artiglieria.

Già a partire dal 1950 la tecnologia ha proposto due sistemi motorizzati che avrebbero dovuto sostituire il lavoro dei muli e alleggerire di conseguenza la fatica fisica dei nostri militari.

Probabilmente dispiace osservare un animale obbligato a sostenere degli sforzi quando lo si preferirebbe vedere libero di pascolare, tuttavia per i muli e più in generale per gli equini, il lavoro è sempre stato una prerogativa legata alle loro caratteristiche fisiche, chiaramente molto apprezzate dall’uomo, che a sua volta ne ha favorito l’evoluzione e la riproduzione.

Nell'Esercito c'è sempre stato grande rispetto e feeling tra gli uomini e gli equini in generale, un po' come avviene in altri settori per esempio tra gli agenti di polizia e i cani antidroga o antiesplosivo. Del resto nelle pagine gloriose che il corpo degli alpini ha scritto sul fronte di guerra quasi sempre il mulo è stato descritto come un valido e insostituibile collaboratore che affiancava fedelmente i nostri soldati nelle marce in montagna verso le trincee.

Erano inquadrati come effettivi nei battaglioni o nelle batterie, proprio come soldati, e i loro conduttori si affezionavano agli animali a loro affidati come accadeva con i cavalli nel caso dell’artiglieria. L'affetto era sempre corrisposto dagli animali che ricambiavano con la devozione le cure ricevute.

L’idea inziale fu una moto cingolata

A metà del secolo scorso il colonnello Ferruccio Garbari si occupava delle tecnologie motorizzate del nostro Esercito ed era in contatto con i più grandi ingegneri automobilistici italiani, tra i quali l’ingegner Busso, che fu il precursore della mitica Alfa Matta, e probabilmente anche con i progettisti della Moto Guzzi. Intanto, all’interno delle officine O.A.R.E. (Officina Automobilistica Riparazioni Esercito) oggi denominate CERIMANT, il colonnello Garbari, promosso poco dopo generale di brigata, affrontò il tema proponendo il progetto di un veicolo in grado di sostituire gradualmente i muli in forza all'Esercito.

Probabilmente non c’era una vera e propria necessità di operare una sostituzione di un “sistema collaudato” ma probabilmente l’evoluzione tecnologica e le possibilità economiche di quel tempo, consentirono di perseverare su questa idea.

Questo progetto prese il nome di “mulo meccanico”, forse “ad onor del merito equino”.

La Moto Guzzi diede il via alla produzione del prototipo 3x3, ma di cosa si trattava in sostanza?

Per dare subito un’idea della tipologia di veicolo che stava nascendo come prototipo all’interno degli stabilimenti militari, potrei fare riferimento a qualche film della seconda guerra mondiale, oppure ai più simpatici fumetti Sturmtruppen, dove spesso a bordo di tricicli motorizzati e cingolati, venivano raffigurati i soldati tedeschi della Wehrmacht.



Si trattava di un motoveicolo adibito al trasporto di cinque militari (compreso il conduttore) con due cingoli posteriori rimovibili e con una grande novità: la ruota singola anteriore aveva la trazione inseribile e per svoltare non c’era un manubrio ma un normale volante. Un 3X3 in sostanza che, per la sua complessità tecnica e di accoppiamenti conici e giunti meccanici cardanici, necessitava di una attenta manutenzione, ma offriva al tempo stesso un sistema hill older anti arretramento - meccanico ovviamente - e un cambio a cinque marce più le ridotte inseribili, e la leva era il tipo a cloche come per le autovetture.

Anche la sua larghezza (carreggiata) posteriore poteva essere ridotta per affrontare i passaggi più stretti.

Fu assemblato usando ricambi e materiale inutilizzato in giacenza e i suoi cingoli provenivano da maglie segmentate di piccoli carri armati tipo l’M13/4.

La meccanica invece era il fiore all’occhiello della produzione motociclistica italiana, infatti equipaggiava il V7, ovvero un bicilindrico da 703 cc a 90° adottato per la mitica Moto Guzzi Falcone in dotazione all’Esercito italiano.

Una buona idea, ma non ebbe futuro nonostante qualche prototipo avesse partecipato a una parata del 2 Giugno di quel periodo; i muli quindi continuavano a rimanere il miglior infaticabile ausilio per gli alpini, almeno sino alla fine degli anni ’80.

Forse è stata la facilità con cui si poteva ribaltare con le sue sole tre ruote, o il suo peso di cinque quintali oppure la necessità di una costante manutenzione a sentenziare l’abbandono di questo veicolo dalla scena militare.

Con qualche modifica il progetto riprese vita tra gli anni sessanta e settanta con due veicoli civili che Moto Guzzi battezzò Ercole ed Ercolino (immagine); tricicli motorizzati molto apprezzati, nei cantieri ma anche dai commercianti in alternativa ai furgoni. Quando ero bambino, un falegname ne parcheggiava uno di fronte a casa mia.

Sempre nel secolo scorso arriva un altro veicolo... il controverso motocarrello MTC 80!

Dopo l'insoddisfacente esordio del triciclo cingolato, l’idea del generale Garbari di agevolare la mobilità delle truppe alpine non venne affatto abbandonata. Una commissione militare affidò l’incarico alla società Fresia S.p.A che, per scopi civili e da cantiere, produceva già una specie di quad, un carrello con quattro ruote e un pianale motorizzato.

La società Fresia è ancor oggi una solida realtà nazionale con sede in Liguria ed esattamente a Savona dove, nel lontano 1923, l’imprenditore Giovanbattista Fresia decise di specializzarsi nella produzione in serie di piccoli trattori, alcuni dei quali con trazione idrostatica.

La produzione odierna di Fresia è particolarmente legata alla costruzione e allestimenti di veicoli adibiti alla pubblica utilità come ad esempio alcune versioni per i Vigili del fuoco e la Protezione civile ma anche imponenti spazzaneve per la pulizia autostradale. Il suo nome è ormai sinonimo internazionale di qualità ed efficienza e la sua mission aziendale garantisce parecchio lavoro stabile agli operai.



Il veicolo commissionato dalla Difesa aveva un assetto insolito, e diciamolo subito, appariva poco affidabile; del resto immagino che alcuni lettori già sappiano delllo scarso successo pratico dell’MTC80 riscontrato poco dopo il suo ingresso in caserma.

Non offriva infatti alcun ausilio particolare sulle mulattiere più insidiose, ma riusciva a non sbilanciarsi, anche se molto caricato, solo sui falsipiani maggiori o sulle ripide praterie disseminate di pietre.

Ma occupiamoci ora della tecnologia di questo quattroruote. L’MTC era composto da un pianale con l’aggiunta di un volante e la sua guida poteva avvenire sia da terra camminando, piuttosto che da seduti sportivamente sul bordo del pianale stesso. La sua larghezza era poco di più di un metro, una misura superiore a quella che occuperebbe un mulo su un sentiero di montagna; la lunghezza invece, si attestava intorno ai due metri.

Quasi un piccolo parallelepipedo, ma con grossi limiti. Mosso da un motore Briggs&Stratton inizialmente monocilindrico con avviamento a strappo e successivamente a due cilindri da 700 cc erogava una potenza di soli 18 cavalli, che ne favorivano, come si può immaginare la coppia, mantenendo la velocità al di sotto dei 20 km/h. Il motore era posto in mezzo ai due assi in uno spazio di un metro e venti, questo soprattutto per ottimizzare gli ingombri e gli spazi e garantire al tempo stesso una certa stabilità del baricentro.

Il quad come esempio



Non a caso prima ho voluto prendere ad esempio il quad, il quadriciclo corto a trazione integrale che, nonostante abbia una suddivisione delle masse diversa, può avere comportamenti simili in certi usi estremi dell’off road, come per esempio, l’impuntamento anteriore.

I 430 kg di carico utile dell’MTC80 non gli conferivano una grande stabilità e non era affatto difficile che il motocarrello si ribaltasse lateralmente; forse era quasi più stabile frontalmente quando superava pendenze di oltre 50 gradi. I due assi erano sterzanti e i suoi pneumatici, seppur con un piccolo diametro, erano molto larghi e simili nel disegno del battistrada a quelli di un comune fuoristrada; un punto forte quindi la presa a terra dei pneumatici, almeno per compensare le forze esercitate dai carichi che potevano mettere in crisi il baricentro nelle manovre.

Il motore era in realtà una pompa idraulica che metteva in pressione dell’olio, come avviene per le macchine da cantiere e la pressione generata raggiungeva delle piccole turbine poste nei suoi due differenziali, uno anteriore e l’altro posteriore.

La massa di mezzo quintale sommata alla portata elevava a quasi una tonnellata il peso dell’MTC 80, che a questo punto poteva uguagliare quello di un’utilitaria; un aspetto, poco operativo probabilmente, che deluse le aspettative dei nostri militari.



Fresia F18

Questa è stata la denominazione più moderna dell’MTC 80 e forse molti non sanno che anche i Marines americani lo utilizzarono ma con risultati diversi e probabilmente migliori, considerati i terreni del Medio Oriente più adatti alle sue caratteristiche.

Bisogna anche dire che dopo qualche centinaio di acquisti molti MTC e F18, vennero parcheggiati nelle caserme e non più utilizzati, ma solo avviati e fatti muovere ogni tanto per mantenerli efficienti e operativi.

C’è allo studio un robot al quale l'Esercito USA sembrerebbe interessato e che potrebbe rappresentare l’antesignano, nei prossimi decenni, di un rivoluzionario concetto di Esercito.

Forse parlare di robot è un po' fantascientifico oggi, ma anche internet lo era 40 anni fa, così come i droni, e sebbene il mio augurio sia con convinzione che l’uomo non abbia più bisogno di farsi del male, guardiamo insieme di cosa si tratta, ammirati oltreché dalla tecnica, dalla sua similitudine con i muli, usciti gloriosi dalla scena delle Forze Armate nel ’90.

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