Fiat 626N e 666N
Protagonisti del trasporto durante la Seconda Guerra Mondiale, il Fiat 626N e 666N diedero l'avvio alla produzione in serie di camion italiani a cabina avanzata
Nel 1939, Fiat presentò il 626N e il 666N (N sta per nafta), due autocarri che oggi potremmo definire il punto di confine tra il passato e il futuro nella produzione camionistica italiana.
La loro caratteristica principale erano le cabine avanzate, anche se in realtà non erano proprio le prime... L’avvio della produzione in serie, comunque, diede il via a quell'evoluzione progettuale delle cabine dei camion, che portò ad abbandonare lo stile automobilistico.
Nel 1940 anche l’Alfa Romeo si buttò sulla cabina avanzata, seguita, nei primi anni del Dopoguerra, dalla OM. Soltanto Lancia, continuò, fino al '55, a produrre i suoi raffinati musoni. Nel '63 arrivò anche Scania con LB76 e poi LB110.
Il nuovo stile "camionistico"
Nel Fiat 626N e nel 666N le cabine erano piuttosto squadrate, realizzate in legno e rivestite in pannelli di lamiera, con ampie superfici vetrate e una visibilità ottima, di gran lunga superiore a quella dei cabina arretrata.
Anche il comfort, per l’epoca, era piuttosto avanzato, con una buona ventilazione, data dal parabrezza apribile.
Facile accesso al motore
L’adozione della cabina avanzata spostò il motore al suo interno, coperto da un ampio cofano posto tra i due sedili. Questo grande cofano si sollevava per permettere la manutenzione ordinaria.
Per gli interventi più importanti, il gruppo motore poteva essere sfilato, con una relativa facilità, togliendo il paraurti e la calandra. Va sottolineato che la forma e l’impostazione della cabina dei 626 e 666, rimasero tali per molti anni, fino all’arrivo della cabina ribaltabile.
L'equipaggiamento
Il 626 N montava un motore a 6 cilindri, tipo 326, a iniezione indiretta da 5.750 cc di cilindrata che, con una potenza di 70 CV a 2.200 giri, gli permetteva, a pieno carico, di raggiungere una velocità di 62 Km/h. La portata utile era di 3.140 Kg e poteva rimorchiare un peso fino a 6.500 Kg.
Anche il fratello maggiore, il 666N, era spinto da un motore a 6 cilindri a iniezione indiretta, di tipo 366, 105 CV a 2.000 giri, ma con una cilindrata di 9.365 cc, che gli permetteva una velocità, sempre a pieno carico, di 55 km/h. La portata utile era di 6.240 Kg e il peso rimorchiabile saliva a 12 mila Kg.
I motori a iniezione indiretta
I motori a iniezione indiretta erano molto innovativi, consentivano regimi di rotazione più elevati rispetto ai tradizionali motori a iniezione diretta. Per l’avviamento era necessario l’uso di un pre- riscaldatore a incandescenza, purtroppo poco efficace, che rendeva sempre difficile la partenza, soprattutto con i climi più rigidi.
Per ovviare all’inconveniente, gli ultimi esemplari di 666 prodotti, montarono il motore tipo 366/45N7, a iniezione diretta.
Sia il 626N sia il 666N, furono largamente impiegati su tutti i fronti durante la Seconda Guerra Mondiale (1939-1945), la loro produzione riprese dopo il conflitto e andò avanti fino alla fine del 1948, quando furono presentati il 640N e il 680N.