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 ormig gru industriali

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el magutt

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MessaggioTitolo: ormig gru industriali   ormig gru  industriali Icon_minitimeMar Apr 25, 2017 9:25 pm

gru ormig

La Ormig fu fondata nel 1949 da Guido Testore il quale intuì in quel primo dopoguerra che l’Italia necessitava di mezzi per la ricostruzione e l’autogru, già presente negli Stati Uniti ma quasi sconosciuta in Europa, sarebbe potuta divenire un veicolo di grande diffusione.Un piccolo gruppo di tecnici specializzati riuscì a trasformare una forza lavoro prettamente dedita all’agricoltura, in operai metalmeccanici ad alta professionalità, in grado di costruire un prodotto che, esportato in tutto il mondo, costituì un vanto per l’industria italiana.

La produzione iniziò nel vecchio stabilimento di 13.500 mq. situato nel centro di Ovada, per poi essere trasferita venticinque anni più tardi negli attuali stabilimenti su un’area di 100.000 mq. di cui 48.000 coperti.

La Ormig, come la maggior parte delle industrie italiane del dopoguerra, è nata dalla fantasia e dal coraggio di un uomo geniale, ed è cresciuta per l’impegno ed il lavoro di tanti uomini che hanno creduto alla rinascita del loro paese dopo il grande conflitto ed hanno contribuito a creare quello che viene universalmente chiamato il miracolo italiano.

La continua evoluzione del prodotto ha reso questa Società una tra le più affidabili aziende nel settore del sollevamento e movimentazione, atta a produrre mezzi di alta qualità e tecnologicamente avanzati.

La Ormig è tutt’ora condotta dalla famiglia del fondatore.

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MessaggioTitolo: Re: ormig gru industriali   ormig gru  industriali Icon_minitimeLun Mag 25, 2020 7:06 am

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SISIFO
Fatica di Sisifo

Fatica di Sisifo è una locuzione con la quale si fa riferimento a una fatica abnorme ancorché del tutto inutile.

L’espressione ha riferimento nella mitologia greca; Sisifo è il figlio di Eolo, re dei venti, re della città di Efira (l’odeirna Corinto), da lui fondata; avendo osato più volte sfidare gli dei, Zeus lo condannò per l’eternità a sospingere un grosso macigno fino alla sommità di un monte; il masso però, giunto in cima, rotolava inesorabilmente a valle, costringendo Sisifo a ripetere l’inutile fatica.

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Sisifo Nella mitologia greca, il più astuto dei mortali e uno dei più noti dannati dell'oltretomba, protagonista di varie vicende che ne pongono in evidenza la capacità di ordire trame e tranelli. Si tramanda che, divenuto amante di Anticlea (sposa di Laerte), avesse concepito Ulisse. Già nell'Odissea S. appare nell'oltretomba condannato a rotolare eternamente sulla china di una collina un macigno che, una volta spinto sulla cima, ricade sempre giù in basso (di qui la locuzione fatica di S. per indicare un'impresa che richiede grande sforzo senza alcun risultato).
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Per A. Camus Sisifo rappresenta l’umanità che è sempre in «cammino» nonostante i suoi limiti, nonostante il macigno che ognuno di noi, tra le mille avversità della vita, continua malgrado tutto a spingere, contro tutto e tutti (anche gli stessi dèi), anche se il finale è già scritto, perché «la LOTTA verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo»...

Osò sfidare gli dèi, osò sfidare la morte, il suo nome era Sisifo. Oggi l’espressione “fatica di Sisifo” è usata per indicare un lavoro inutile che, per l’appunto, richiede grande fatica senza raggiungere risultati. Eh già, perché la pena alla quale Sisifo era stato condannato negli Inferi era quella di spingere per l’eternità un enorme masso su il pendio di un monte, ma una volta arrivato in cima questo rotolava giù e doveva ricominciare daccapo; ciò non aveva mai fine. Il mito ha avuto diverse interpretazioni ma andiamo con ordine e vediamo chi era costui. Re di Corinto, si racconta fosse figlio di Prometeo (il titano che aveva donato il fuoco agli uomini) e che un giorno avesse visto Zeus (e chi se no?) insediare una bella ninfa, figlia del dio fluviale Asopo. Interrogato da Asopo su chi avesse rapito la figlia, Sisifo rivelò il tutto, per questo motivo Zeus per punizione lo gettò nell’Ade. Tuttavia Sisifo (che già una volta si era preso gioco della morte facendola ubriacare) aveva avvisato la moglie di non seppellire il suo corpo qualora fosse morto; così, non avendo ricevuto gli onori funebri, la sua anima era costretta a vagare alle soglie dell’aldilà, motivo per cui, furbamente, riuscì a persuadere Persefone (la sposa del dio degli Inferi) a farlo tornare sulla terra per tre giorni, affinché potesse convincere la moglie a dargli degna sepoltura. La dea acconsentì ma ovviamente Sisifo non aveva alcuna intenzione di tornare e quindi rimase sulla terra (secondo il piano premeditato); tuttavia gli dèi lo catturarono nuovamente (secondo altre versioni del mito morì di morte naturale) e, quando tornò nell’Ade per la seconda volta, la sua punizione fu durissima: infliggendogli la “fatica” che abbiamo descritto sopra, che l’ha reso celebre e proverbiale presso i posteri. Orbene, per gli antichi quello di Sisifo è un altro classico esempio di empietà punita: chi sfida gli dèi viene sempre punito! Ma a me piace una lettura più moderna, come quella fornita da Albert Camus, secondo il quale Sisifo rappresenta l’umanità, quell’umanità che è sempre in «cammino» nonostante i suoi limiti, nonostante «il macigno rotola ancora», quel macigno che ognuno di noi, tra le mille avversità della vita, continua malgrado tutto a spingere, contro tutto e tutti (anche gli stessi dèi), anche se il finale è già scritto. «Sisifo insegna la fedeltà superiore, che nega gli dèi e solleva i macigni», perché anche se non ce la farà mai – continua Camus – «la LOTTA verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo». Ecco, a me piace guardare a Sisifo così, come l’essere umano, “troppo umano”, che lotta contro il suo destino, anche sapendo che non cambierà, perché è il lottare che nobilita l’uomo, è l’incessante forza che mette nella lotta che lo rende ‘divino’ più della divinità stessa. Perché dio o gli dèi non potranno mai capire la nostra lotta e questo ci rende unici. Siamo tutti Sisifo…
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