Tante le notizie su ACTL, ma mi manterrò su una linea tecnica e realistica che magari rievocherà qualche simpatico ricordo. In realtà durante le fasi di verifica e stesura di questo pezzo ho constatato che alcune informazioni in rete sono alquanto approssimative e non vi nego le difficoltà riscontrate per carpire notizie certe da presentarvi; “a volte sembrava più di realizzare un’inchiesta che un articolo”. Devo ringraziare per il suo prezioso supporto l’agente Astra dottor D’Arrezzo Ambrogio numero uno dell’azienda Tekne, specializzata nell’assistenza a 360 gradi dei giganti di produzione piacentina.
Nella sintesi che ho realizzato vorrei evidenziare subito le qualità operative dall'ACTL, ma anche la sua tecnologia e la sua mobilità che, credetemi, risulta inimmaginabile su qualsiasi terreno, e chi ha avuto modo di vedere qualche video o gare di “trial pesante” si sarà probabilmente fatto la mia stessa idea sui veicoli 8x8. Posso sostenere che Astra è equiparabile, se non superiore tecnologicamente, ai tanti blasonati autocarri americani.
Dai resti dei veicoli militari
Una geniale e pratica intuizione quella dell’ingegner Mario Bertuzzi: assemblare con nuovi progetti i componenti di altri veicoli ormai abbandonati dopo il secondo conflitto mondiale dai vari eserciti. Il nobile obiettivo era realizzare macchine da lavoro da impiegare per la ricostruzione del paese. Le iniziali dell’ingegnere, BM, a onor del merito, seguiranno la produzione Astra sino al ’94, quando la denominazione muterà in ambito civile in HD e HDD, ovvero Heavy Duty, “robusto o molto robusto”.
Una prima sede storica, con sede dal 1951 a Piacenza per la produzione civile - HD - e successivamente una a Bolzano per l’assemblaggio dei veicoli militari che nel caso dell’ACTL sono denominati SM, Standard Military.
Dal 2015, dopo l’annessione di Astra da parte di Iveco, il Gruppo Defence Vehicles subisce una scissione del ramo d’azienda Astra, divenendo il produttore esclusivo dei veicoli “operativi” della Difesa nazionale ed estera e della protezione civile.
L’autodrappello
Nelle caserme, magari durante le guardie notturne, piuttosto che durante le attività presso i magazzini di specializzazione o l’addestramento formale, sarà capitato anche a voi di osservare sotto i capannoni dell’autodrappello di qualche battaglione logistico, di artiglieria o magari del genio, file di autoveicoli perfettamente allineati e distanziati tra loro; tra questi ci sarà stato sicuramente un datato Astra BM pronto per l'impiego.
La svolta
Dal 1996 l’Esercito e le FF.AA sono chiamate nuovamente fuori area, come era già successo nel 1982 con la missione Italcon. I conflitti nel Golfo e nei Balcani evidenziano la necessità di rinnovare sia gli equipaggiamenti che i veicoli.
L’ ACM 80/90, che pure può essere definito una macchina “inarrestabile” e un degno predecessore dell’ACTL , non rispondeva completamente alle caratteristiche tecniche previste dai moderni standard Nato. Serviva infatti una capacità di trasporto, traino e carico che fosse almeno il doppio rispetto a quella offerta dall’ACM o dai BM e quindi anche più potenza e minori consumi per i motori; ma probabilmente erano necessarie anche meccaniche analoghe in un contesto Nato, dove la reperibilità dei ricambi non doveva costituire un problema. In buona sostanza si stava uscendo, forse un po' rapidamente, da un funzionale e collaudato schema di Difesa prettamente nazionale per abbracciare una realtà molto più ampia e articolata. Anche le norme anti-inquinamento hanno portato a sostenere cospicui investimenti in questa direzione.
Un po' di chiarezza: la progressione da BM HD e SM
I vecchi e robusti veicoli BM, ancora presenti nelle caserme, pur non avendo le moderne connotazioni Nato, risultavano praticamente identici a quelli di produzione civile a tal punto che potrei sostenere che la produzione passata di Astra - notizia verificata - ha sempre “convertito” magari in chiave più spartana, la sua produzione civile in militare. D’altronde come si sa, le sue vendite sono sempre state mirate su due settori predominanti di business: cave e cantieri e la Difesa.
Com’era il BM
In realtà era simile alle tipologie attuali, ma aveva pochissima elettronica e forse era più “autoctono”; a cambiare erano - oltre ad un sistema di trasmissione integrale inseribile dal conduttore - i motori diesel inizialmente solo aspirati di produzione Iveco OM rimasti in uso sino alla metà degli anni ’90. Si partiva dallo storico 8 e 13000 centimetri cubici a 6 cilindri e 12 valvole con rispettivamente 166 cv il primo e 260 il secondo, che poi era il più diffuso, e la versione turbo portava i cavalli a 300 (più o meno quelli dell’ACM). Il propulsore da 17 000 cc con 350 cavalli era tra l’altro lo stesso dell’autobus Iveco 370, che conosco bene avendolo guidato parecchio (magari lo tratteremo più avanti). Chissà quanti di voi lo ricorderanno in giro per le caserme o in servizi di linea?
La gamma BM aveva anche due motori Mercedes a 8 cilindri a V rispettivamente con cilindrata di 14 e 17 mila cc ma, al di là di una maggiore fluidità e progressione, avevano la stessa coppia e gli stessi cavalli dei “più piccoli” Iveco OM. Astra, come oggi, assemblava i suoi telai e sospensioni allestendo in quegli anni i suoi veicoli anche con motori non italiani.
HD, come ormai sappiamo, rappresenta la nuova serie degli autocarri che faranno il loro primo ingresso nell’Esercito a partire dal 2002 ma con la sigla SM, SMR e SMH.
Caratteristiche dell’SM
Il telaio per tutte le serie è rinforzato per resistere meglio a pressioni e torsioni e tutta la struttura risulta più squadrata richiamando in un certo senso la vecchia serie BM, se non fosse per le nuove livree chiazzate in uso, che fanno ben capire che si tratta di un nuovo SM. In Italia è richiesto con cabina a tre posti, mentre per la Francia i posti sono quattro.
Il motore è una delle novità che prende il nome di Cursor, il propulsore a 6 cilindri a 24 valvole che Iveco Professional ha progettato per gli autobus, autocarri e imbarcazioni. La gamma spazia da cilindrate da 8,10 e 13 mila centimetri cubici di cilindrata e turbocompressore con un range di cavalli che spazia da 360 sino ad arrivare a 560.
Standard Military con aggiunta di H o R, significano secondo il codice Nato, “Heavy” (pesante) e “Range” (gamma). Probabilmente così si distinguono più rapidamente. A queste lettere poi, possono aggiungersi altri codici come CAD o BAD (…e con cad, "mascalzone", l’inventiva spazia…) ma è interessante il significato dei 4 numeri, due per la portata massima del mezzo e due per identificare i cavalli/potenza, una regola e usanza comune a tutti gli autocarri anche civili. Quindi, ad esempio, SMR 88.45 risulta essere il più pesante e il più potente mentre l’SM 44.31 potrebbe, per le sue dimensioni e impiego, considerarsi il sostituto “più potente e versatile” dell’ACM 80/90.
I veicoli 4, 6 e 8X8 sono i più richiesti e diffusi in ambito Difesa e il paragone con la derivazione civile è forse solo per le dimensioni, il motore e il numero degli assi che hanno motricità. Infatti opzionalmente la serie civile può non avere la trazione integrale su tutti gli assi come invece è presente su quelli destinati al mercato della Difesa.
Il sistema di trazione
Potenza motrice solo quando serve, e questo grazie a differenziali e ripartitori di coppia posti sugli assi dei veicoli Astra SM. Nel caso di un 8X8, i ripartitori di coppia posti sul 2° e 3° asse, interagiscono con i differenziali del 1° e 4° asse che ricevono il movimento, a loro volta dal ripartitore centrale posto all’uscita dall’albero primario del cambio. Quindi 2 differenziali e 3 ripartitori, anche se spesso è consuetudine affermare che sono presenti 5 differenziali in tutto sull'8x8 e 3 sul più piccolo SM 4x4 (in realtà sono 2 differenziali e un ripartitore centrale).
Come funziona
Sull’8x8 preso in esempio, la coppia arriva costantemente al ponte posteriore e anteriore ma solo il posteriore in caso di marcia rettilinea autostradale è “dominante”; infatti, appena si verificano anche minime variazione di aderenza per strusciamento, slittamento o sollevamento, la semplice e ingegnosa meccanica provvede ad azionare il “gruppo ponte anteriore”. Ma dalla cabina si può fare ancora di più; infatti un interruttore a volantino può consentirci di eliminare questo dosaggio fluido e autonomo “on demand” impostando, con il primo scatto dell’interruttore, un primo blocco simultaneo dei due ponti posteriori che risulteranno così in presa fissa e con il secondo scatto il bloccaggio analogo della coppia assi anteriore. Ma non è finita, il conduttore può azionare oltre che le marce ridotte un comando per il blocco dei due differenziali citati i quali automaticamente andranno a bloccare anche tutti i ripartitori. Il concetto è forse più chiaro se pensiamo ai sistemi simili adottati sulle Alfa Q4, le VW Syncro o la nuova Panda integrale.
La trasmissione più diffusa è quella idraulica ZF a 6 marce ma i più datati posso avere il manuale ZF a 12 o 16 marce, presente invece su tutta la gamma passata, BM. Sia l’automatico ZF o l’Allison 7 marce (richiesto per il mercato militare spagnolo) possiedono il convertitore di coppia escludibile dopo la partenza, e di per sè, questo bloccaggio d’esclusione delle “forze idrauliche” rappresenta già una marcia superiore. Sul più piccolo ACTL 44.31 è montato lo ZF automatico a 5 marce, lo stesso equipaggiato sugli autobus di linea. In tutte le versioni fa corpo unico con il cambio ZF, il rallentatore retarder che si associa al freno motore.
L'HD6, unica versione civile militarizzata – ma non credo per l’Italia – è equipaggiato con la trasmissione robotizzata ZF AsTronic .
I pneumatici, se previsto hanno la possibilità di un sistema posizionato in cabina, per lo sgonfiamento rapido e il gonfiaggio, ma ricordiamo che la tipologia è runflat.
Gli APS, “autocarro pesante scarrabile”, sono molto diffusi in conformazione 6,e 8x8 e adibiti spesso al carico e trasporto di shelter e container adibiti alle trasmissioni o alla logistica assistenziale, sanità, bagni, uffici, etc. Ci sono poi quelli “trattore” che agganciano sulla ralla posta sul telaio, pesanti rimorchi tipo quelli per i carri armati e quelli più logistici con allestimenti gru, cisterna e betoniera. Ad uso di battaglione il due assi, come si può immaginare, è il più diffuso.
La guida
Farsi prendere la mano dalle moderne versioni “automatiche” è tutt’altro che difficile – io però mi diverto più con i manuali – ma attenzione il 4 assi è lungo 9 metri e l’uso degli specchietti è d’obbligo; dall’alto posto guida, oltre ad un’ottima visuale la sensazione è quella di forza, di dominio e forse a questa percezione contribuisce anche il suono del motore rimbombante e piacevole, quando si agisce sul freno motore, magari in galleria. Il veicolo è tuttavia stabile e le sue sospensioni a balestra con cilindri idraulici lo mantengono sulla traiettoria. Attenzione però a non sbilanciarlo troppo in curve veloci con carico annesso. Supera pendenze nell’ordine del 60% e guadi di 1,20 – in realtà si può osare oltre – e l’avviamento può avvenire anche a -32°C.
La formazione per i militari abilitati all’uso di queste tecnologie e veicoli, si sviluppa sia nelle caserme ma anche e soprattutto nei centri di formazione Astra di Piacenza e Bolzano. Un'interazione questa, che vede collaborazione, confronto e vicinanza tra realtà militari e civili.
La cecoslovacca Tatra con il suo T813 8x8 è presente nei trial trucks oltreché essere il veicolo militare di riferimento per le forze dell’Est, così come Cat e GM lo sono per lo U.S. Army, possiede una meccanica e prestazioni (ha un motore risalente al 1940) obsolete rispetto ad Iveco Astra.
Anche la Piaggio e l’Innocenti Lambretta nel dopoguerra, percorsero come l’Astra una filosofia di riciclo e recupero dei residuati bellici.
I veicoli a 4 assi (8 ruote) hanno due pompe del servosterzo mosse dal motore; in caso di avaria e di traino ce n’è una ausiliaria che si alimenta con il movimento delle ruote.
Le cabine SM in resina hanno 3 posti qui in Italia (conduttore, capomacchina e assistente) ma l’esercito francese le richiede a quattro posti.
L’Astra nasce in Sardegna nel 1946, dove vennero accatastati i rottami meccanici della seconda guerra mondiale; bisognava costituire una società per realizzare il progetto dell’ingegner Bertuzzi. La società si chiamò Anonima Sarda Trasporti e il primo modello prodotto fu un Dumper, un camion da cantiere.